Sense 8
Come già incompiutamente in Cloud Atlas e poi in maniera più rifinita in Jupiter Ascending, la cifra stilistica dei Wachowski (con Lana al posto di Larry) è l’umanesimo.
Guardatevi dai rischi del binge watching. Recenti studi mostrano che le maratone televisive generano assuefazione e fidelizzazione nel breve termine, saudade schizoide e perdita di memoria nel lungo termine, in quanto gli occhi ed il cervello umano non sarebbero capaci di ritenere una mole così concentrata di visioni e di emozioni. Un campanello d’allarme per le emittenti che fanno del binge watching il loro marchio di fabbrica, per Netflix in particolare, il canale on line on demand che dagli USA parte alla conquista del mondo, ad Ottobre arriverà anche in Italia. Ad eccezione del flop Hemlock Grove del sopravvalutato Eli Roth, il marchio Netflix è sinonimo di qualità assoluta, è già storia dello schermo, piccolo, grande, portatile o fisso che sia. House of Cards, boom. Orange is the New Black, boom boom. Daredevil, Bloodline, venghino siori, venghino a rimirar. Ad agosto 2015, poi, ci sarà Narcos, del Jose Padilla di Tropa de Elite. Eccellenze assolute, nella regia, nella sceneggiatura, nei cast, ed in mezzo Sense8, in 12 episodi per lo streaming disponibili dal 5 giugno 2015. Serie scritta e da Andy e Lana Wachowski, ideata a sei mani con J. Straczynski (Babylon 5) che l’ha anche prodotta, mentre alla regia si sono avvicendati i Wachowski – firmandosi proprio The Wachowski e non Wachowski Brothers -, James McTeigue (V per Vendetta), Tom Tykwer (Lola Corre) e Dan Glass, il visual effect che sta ai creatori di Matrix come Greg Nicotero sta a Frank Darabont.
Sense8 è un progetto che nasce dopo Cloud Atlas e prima di Jupiter Ascending, all’apice di un mutamento che è stato fisico (Larry Wachowski è diventato, o è tornato ad essere, Lana Wachoswki) e tematico, dalla distopia e dalla ribellione verso la pacificazione dei sentimenti. L’amore, l’orgoglio, la libertà attraverso la coscienza del sè: sono le nuove coordinate, le dimensioni che definiscono Sense8 in maniera innovativa. E sovversiva dei canoni, perché le serie tv sono prevalentemente topocentriche, individuano e delimitano un luogo - spesso anche un’epoca - e in quello spazio delimitato, come un acquario, fanno muovere storie e personaggi. In Sense8 l’acquario è il mondo intero, contenuto e delimitato dalle connessioni dei protagonisti tra Nigeria, Stati Uniti, Germania, India, Finlandia, Messico, Sud Corea. 8 individui in 8 parti del mondo, che sono monadi ma anche di più: ciascuno di essi è un sensate (donde il gioco di parole del titolo), una sensibilità multipla per evoluzione della specie umana, un noi, così determinato da una madre spirituale (Daryl Hannah) che origina la loro connessione neurale in una chiesa sconsacrata di Chicago prima di togliersi la vita. Ognuno vive la sua storia personale, latore di amore corrisposto oppure semplicemente ricercato, eppure capita che la visione si sovrapponga o si sostituisca, l’uno si trova d’improvviso nei panni dell’altro, costretto ad agire in circostanze traumatiche su traiettorie impercettibili, simili nella sostanza ma dissimili nella forma. La farmacista indiana, prossima al matrimonio, si scopre innamorata del gangster tedesco che appare, nudo, nella sua stanza. La manager sudcoreana, discriminata in quanto donna, d’improvviso si manifesta in Africa e sfodera le sua arti marziali per salvare l’autista nigeriano. Il poliziotto americano si ritrova a Londra e soccorre la dj finnica vittima dei suoi stessi pusher, soccorre pure, in patria, la hacker lesbica che dopo il Gay Pride è svenuta ed è prossima ad una agghiacciante lobotomia.
Sul quotidiano, già molto movimentato, si innesta il metafisico, la lotta contro i cattivi che sono dei sensitivi maligni cacciatori di sensate buoni. La trama ha una struttura telescopica a 8 livelli, si allunga e si ritrae, questo sarebbe già un ostacolo per fruirne in binge watching. Non bastasse, c’è anche che i Wachowski hanno una personale, colossale idea di cinema, e manipolano allegramente Sense8 per ridefinire l’intera gamma dei generi cinematografici e di rimando televisivi. Ad ogni personaggio infatti è associata un registro narrativo, c’è il poliziesco, il mistery, l’action puro, il melò, la telenovela, il romanzo popolare, l’horror, la commedia libertina, il dramma sociale, tutto intrecciato, amalgamato e riamalgamato senza posa. Così, al culmine della cerimonia di un matrimonio indiano, è perfettamente plausibile uno zoom pubico su un pene nudo a riposo, e ci sta tutta la parodia allo sci-fi di inizio millennio – a Matrix, sì – quando Lito, il sensate divo delle soap messicane, gira le scene di una sparatoria palesemente imbracato nelle corde che fecero la fortuna di Keanu Reeves. Un delirio pop, o avant-pop, in cui la parola d’ordine è l’eccesso, l’accumulo dei generi – e dei gender sessuali – per annullarli e ricrearli. In quest’ottica diventa perfettamente plausibile l’orgia in stile Shortbus di John Cameron Mitchell, tutti i sensate etero ed omo coinvolti in un mega amplesso orgasmico virtuale, e non stupisce nemmeno, in puntata 4, che tutti si ritrovino a cantare What’s Up delle Four non Blondes, l’intera canzone dall’inizio alla fine e poi ancora dall’inizio, in una dilatazione che si fa beffe dei limiti convenzionali di durata, come Beatrix Kiddo in Kill Bill, quando affrontò i Crazy 88 uno per uno, certosinamente, interminabilmente.
L’unità attraverso la ridondanza e la molteplicità, come in un manifesto di teoria del cinema, solo che siamo in tv, quindi il risultato va raggiunto con dialoghi fulminanti, spesso così scarni da risultare stilizzati, e con inquadrature stracariche di elementi significanti (Andy e Lana hanno affermato che, per 12 episodi consegnati, almeno il doppio sono stati realizzati e poi abortiti). Se siete degli spettatori puristi, se pensate che sia sacrilego omaggiare il Conan di John Milius e celebrarlo al pari di Lionheart con Van Damme, allora Sense8 non fa per voi. Se invece siete dei visionari edonisti, sorbitene senza ritegno, in attesa della seconda stagione, e della terza, e della quarta, e della quinta.