Strings
Mondi paralleli e viaggi nel tempo tra le montagne dell'Alto Adige
Per i fisici moderni le stringhe sono il concetto alla base di una teoria del tutto in grado di riconciliare meccanica quantistica e relatività generale, nel tentativo di spiegare qualsiasi legge dell’Universo. Tali enunciati sono ben lungi dall’essere accettati all’unisono e il cosmo con le sue regole resta ancora avvolto da un alone di fascino e mistero. Sono probabilmente i suddetti studi ad avere ammaliato Alessio Vasarin e Sandro Tarter, sceneggiatori e registi del fantascientifico Strings.
La storia narra di David, uno studente universitario di fisica, entrato in possesso di una strana sfera di metallo che consente a chi la manovra di spostarsi in altre dimensioni, simile ma non uguali a quella di partenza. Involontariamente David si ritrova in una realtà parallela in cui ogni manifestazione di sentimenti e di affetti è severamente vietata. La sua strada incrocerà quella di Irin, ragazza proveniente dal futuro della nuova dimensione distopica, tornata indietro nel tempo per fermare colui che è responsabile dell’alterazione dello status quo nel suo mondo, ovvero David.
Strings è un film difficile, complesso, colto. È prassi comune, anche e soprattutto nel cinema mainstream di fantascienza, in cui l’ordine naturale delle cose è per definizione alterato, inserire un personaggio o una voce narrante la cui funzione è soprattutto quella di istruire il pubblico per permettergli di immergersi in pieno nella vicenda, semplificando e talvolta eliminando le fasi di ragionamento. In Inception tale compito era assolto da Ariadne, interpretata da Ellen Page, la quale aiutava lo spettatore a muoversi in un mondo sorretto da teorie nuove. Nel film di Vasarin e Tarter questo non avviene: lo spettatore deve concentrarsi, osservare, capire da solo. Strings è un film cerebrale, universitario, che mette tantissima carne al fuoco e la cui sceneggiatura di ferro si ispira a studi di fisica quantistica assolutamente non alla portata di tutti. Al di là delle teorie di Witten e Greene su cui si basa, il film è un bellissimo esempio di fantascienza adulta, una pellicola che, pur con un budget limitatissimo (4.000 euro), ricerca una strada nuova al genere e guarda ai prodotti ultracostosi d’oltreoceano solo in chiave citazionale e non con l’intenzione di emularli spendendo meno.
Strings è un film che affronta il discorso delle infinite possibilità dell’esistenza. La pellicola sottolinea che per ogni comportamento umano (giusto o sbagliato che sia) esiste una controparte reale ed equivalente. È un ragionamento che l’uomo fa quotidianamente; confrontare un evento reale con le sue modalità alternative che potrebbero manifestarsi. In definitiva l’uomo è un essere responsabile posto ogni giorno davanti a scelte. Il mondo distopico in cui ogni sentimento e affetto è soppresso non è altro che la rappresentazione delle scelte scriteriate dell’essere umano che hanno portato a una realtà asociale, paranoica. Un mondo alterato in cui le relazioni affettuose e sentimentali sono state annientate e sostituite dai vincoli di potere della tirannia. Queste plurime dimensioni, realtà che solo teoricamente non dovrebbero mai intrecciarsi, sono in sostanza frutto della scelta dell’agire di ogni uomo. Una scelta che si contrappone a fattori deterministici, fatalistici ed entità sovrannaturali. Il giovane David, ritenuto responsabile dell’alterazione negativa subita dalla società, decide di assumersi responsabilità più grandi di lui e mette in pericolo la propria vita per un bene superiore. C’è dunque una pura storia di formazione, espediente utilizzato con consapevolezza dalla coppia di registi per dare forma a una vicenda dall’imponente spessore filosofico e scientifico, dimostrazione che Strings è sicuramente un film accademico per la sua complessità, ma anche e soprattutto un film di fantascienza, genere popolare e d’intrattenimento per definizione.
Non mancano infatti le trovate pop. La citazione nerd del romanzo di Sergej Luk’janenko, La torre del tempo, può essere ad esempio vista come la volontà da parte dei due registi di realizzare una pellicola intellettuale senza però tradire certi canoni del cinema d’oltreoceano. Vasarin e Tarter hanno scelto una via tortuosa per raggiungere i propri fini: girare un film fantascientifico dal respiro internazionale con un budget risicato e una sceneggiatura non adatta al grande pubblico in una regione, come il Trentino Alto Adige, la cui economia sicuramente non è basata sull’industria cinematografica e più in generale dell’intrattenimento. Il film, dopo avere girovagato con successo per festival, oggi è disponibile sul web on demand, in cerca di pubblico e, perché no, di una meritata visibilità.