Un annuncio sul web ha dato vita a un lungometraggio a costo zero, un cosiddetto “no-budget” realizzato da giovani professionisti che cercavano un modo nuovo e immediato per far conoscere il loro film. Così nasce Torno subito, opera seconda di Simone Damiani (la prima era Ritorno a casa, docu-fiction del 2007). Nella città-porto di Civitavecchia che ha dato i natali a Damiani si svolge la storia di Michele, un ragazzo come tanti che si arrangia, che si barcamena tra spettacoli teatrali e una fidanzata opprimente, un tipico protagonista italiano infantile e donnaiolo al quale non si può non voler bene. Un’avventura buffa la sua, dietro all’amico diventato scimmia (no, niente metamorfosi alla Dragon Ball, solo una forte depressione giovanile) nel tentativo di farlo rinsavire. Ma Alberto è davvero impazzito, o sta shakespearianamente evadendo dall’assurdità di una vita normale? L’abbandono delle convenzioni e dell’ipocrisia sembra essere il tema, non originale ma sempre tanto condivisibile, di questo film-gioco disponibile per tutti.
E buffa è l’avventura del film stesso, realizzato nel 2008 ma pubblicato sul web solo quest’anno (ma non era la distribuzione in rete l’intento originale?) arrivando ad essere proiettato anche in cineclub come il Detour di Roma. E, dato l’indiscutibile successo mediatico dell’opera, c’è da credere – e da sperare – che Damiani riesca a far conoscere ancora e sempre di più il proprio lavoro. Volendo analizzare nello specifico le caratteristiche di questo insolito progetto (ma sarà davvero insolito un film a costo zero oggi come oggi?) purtroppo si dovrà dire come l’idea di renderlo visibile gratuitamente resti il suo pregio principale. La storia di giovani stanchi e amareggiati, che riflettono sulla propria condizione malinconica e ingiusta non regge certo l’ora e un quarto della durata. L’intero impianto narrativo si affida a dialoghi (per lo più telefonate!) che ci informano in modo abbastanza scontato del passato, dei pensieri e delle relazioni tra i personaggi. Personaggi potenzialmente poetici ma che, proprio perché scollegati da una vera e propria storia, finiscono col restare vaghi, enunciatori di battute che sono ottimi esercizi di stile ma che non raccontano e non emozionano. C’è la voglia di farsi sentire, questo sì. Damiani cerca quasi di lanciare un grido disperato con questo film, che vuole essere la dimostrazione che il cinema degli autori emergenti c’è e ci deve essere. Leggendo la descrizione sul sito ufficiale del film ci si imbatte nelle parole: “dimostrare che è possibile fare un film senza essere figli di e senza darla a…”, argomento che ritorna all’interno della storia e risulta essere il conflitto che ha allontanato i due protagonisti. Ma la rabbia del sentirsi esclusi non può essere esternata solo attraverso battute come “perché abbiamo smesso di sognare?”. Dovrebbe piuttosto pervadere l’atmosfera, connotare in modo decisivo i personaggi ed emergere dalle situazioni e dagli eventi che invece scarseggiano nella storia.
Il problema principale di Torno subito è infatti che, fondamentalmente, non succede nulla. Ma la trama scarna non può essere imputata a una mancanza di budget. La scrittura – ahi noi! – resta di sicuro l’attività meno costosa e quella su cui, proprio perché i no-budget sono la risorsa della realtà indipendente, ci si gioca il tutto per tutto. La sceneggiatura resterà il campo di battaglia su cui la vera forza delle storie verrà misurata finché qualcosa nel sistema produttivo non cambierà e i soldi non verranno dati anche ai “non figli di” e “a chi non la dà a”, e sulla quale un autore non dovrebbe permettersi di lesinare. Resta la forza dei rapporti umani in Torno subito, l’amicizia para-umana vera tra due ragazzi veri. Certo l’idea dell’uomo che di punto in bianco si animalizza, se non ci ricorda antenati di prestigio come Kafka, di sicuro rimanda almeno a La scuola di Luchetti, e a quando Cardini faceva la mosca in barba a insegnanti e studenti che lo escludevano. Ma nel film la bravura di Tiziano Scrocca (che interpreta Alberto), riesce a dare un qualcosa in più a questo ruolo che altrimenti resterebbe un po’ limitato ai suoi versi scimmieschi.