Caterina Carone nasce nel 1982 ad Ascoli Piceno. Si laurea nel 2004 in “Scienze della Comunicazione” presso l’Università degli Studi di Bologna. Dal 2004 al 2007 studia alla ZeLIG – Scuola di Documentario, Televisione e Nuovi Media di Bolzano con specializzazione in sviluppo del progetto, produzione e regia. Tra i suoi lavori Numero 5 (2005, documentario), Polvere (2006, documentario) e Le chiavi per il Paradiso (2007, film di diploma presso la ZeLIG).
Premiato al “Torino Film Festival 2009” come miglior documentario, Valentina Postika in attesa di partire è l’ultimo lavoro della giovane regista marchigiana, lavoro in cui affronta un tema sociale ormai molto noto in Italia: la figura, il ruolo, spesso invisibile, spesso capitale per l’esistenza di molti, della badante. Caterina Carone trova spunto dall’esperienza diretta dell’anziano nonno ridotto ad una convivenza necessaria con la badante moldava. Saranno infatti proprio Carlo Paladini –nonno della regista- e Valentina Postika –badante dello stesso Paladini– ad essere i protagonisti della vicenda. Ripresi in casa una volta a settimana per un anno intero, diventano testimonianza diretta di quali sono le abitudini e le problematiche di una convivenza forzata dove si intrecciano due vite diverse, ma accomunate dalla stessa solitudine personale. L’ottantottenne Carlo è stato partigiano e dirigente pesarese del Partito Comunista negli anni ’50 e attraverso le immagini del suo archivio personale ripercorre con rammarico i tempi in cui era giovane, combattivo e alle prese con il suo impegno politico. La storia di Valentina Postika è quella di tante donne che come lei hanno lasciato la Moldavia in cerca di un lavoro in Italia. Abbandonare il suo paese ha comportato il conseguente allontanamento dai suoi tre figli. Il titolo del film sottolinea proprio il desiderio, da parte della badante, di tornare nel suo paese e riabbracciare finalmente la famiglia.
La vita dei due, invasa dalle telecamere, si svolge tra sorrisi e battibecchi. Trascorrono il loro tempo libero separati, ma nella stessa casa. Carlo vaga nel suo studio tra libri, foto e videocassette che testimoniano un passato che non può più tornare. Valentina guarda la tv e prepara pacchi-viveri da mandare in Moldavia per garantire la sopravvivenza dei suoi cari. Dal repertorio del nonno della Carone emergono immagini più intime di quelle che lo mostrano politicamente attivo, vediamo o meglio sentiamo un Carlo più giovane che con la sua telecamera ci introduce nel verde oltre il suo giardino di casa dove si aggira la piccola Caterina (mentre i bambini presenti nelle immagini provenienti dal paese natale di Valentina sono timidi e impacciati, sembrano domandarsi perché debbano salutare la madre attraverso una telecamera piuttosto che abbracciarla).
Sono cinque anni che Valentina lavora per Carlo e altrettanti che non vede i figli. Sopravvive in attesa di poter di nuovo stare con loro. E l’aria stanca e triste dei protagonisti la dice lunga del legame che sembra unirli nella loro solitudine… Molto di più di come la Carone ha cercato di fare attraverso un montaggio che è un excursus tra il passato di Carlo e il futuro di Valentina, ma che manca di una funzione rivelatrice, che non scava nella psicologia dei personaggi risultando così un elemento distaccato dalla storia. In 77 minuti nessuno dei tentativi di caratterizzare i personaggi è riuscito nonostante l’uso abbondante di immagini di repertorio. La musica funziona spesso da ponte sonoro, ma da sola non basta a dare un senso all’accostamento di immagini che tra passato e presente dovrebbero centrare il punto focale della narrazione. La regista, inoltre, dimostra scarsa lucidità nell’accostare il documentario alla problematica contemporanea. Le vite presenti e passate vengono sfiorate appena, la Carone si sofferma in particolari che non trovano un riscontro.
Caterina provaci ancora.