Veronica

Il nuovo horror di Paco Plaza si adagia tra i sicuri confini del film spiritico e di possessione senza particolari guizzi inventivi.

A più di un decennio dall’esplosione del nuovo horror iberico non sorprende affatto che una piattaforma internazionale come Netflix abbia deciso di affidarsi al gusto estetico ed espressivo di un cineasta spagnolo per ampliare la propria offerta di film di genere.

Veronica, di Paco Plaza (una vera e propria istituzione in questo campo), è infatti tutto ciò che ci si potrebbe aspettare da un horror solido e rigoroso, forte di quell’estetica, quei temi e quello sguardo che hanno fatto la forza del nuovo cinema spagnolo ma, allo stesso tempo, ne hanno anche sancito, almeno in parte, il declino.

Perché nell’ordinaria storia di possessione della giovane Veronica, adolescente con una madre assente e con tre fratellini a cui badare, ci sono tutti i motivi tipici di un cinema capace – dosando al meglio spazi, tempi e suggestioni – di macchiare l’orrore con inevitabili tinte psicologiche e perturbanti, ma c’è anche la mancanza di originalità di un (sotto)genere sempre e comunque uguale a sé stesso.

Ecco allora che, in un ibrido tra Ouija e The Exorcism of Emily Rose (la vicenda sarebbe tratta, ovviamente, “da una storia vera”), la stravolta e demoniaca educazione sentimentale (e sessuale) di una ragazza oppressa dai propri obblighi e doveri si fa metafora esplicita di un’adolescenza che chiede a gran voce di essere vissuta, un urlo liberatorio e terribile che riecheggia di motivi e suggestioni irrimediabilmente derivativi. Sul solco della lezione tracciata da Jaume Balaguerò e dallo stesso Plaza (il cui ormai iconico REC traspare in ogni fotogramma del traballante incipit), Veronica, tra sedute spiritiche, suore sensitive e bambini in pericolo, ha la forza di un horror formalmente rigoroso e ben calibrato ma che, perso com’è all’interno di un modello fortemente codificato, non si prende nemmeno il disturbo di rischiare, di andare al di là di strade estremamente battute, di motivi divenuti, col tempo, veri e propri topoi narrativi.

Un rischio che anche Netflix – a differenza di quanto ha fatto e continua a fare con le serie – pare ben decisa a non correre, continuando a produrre o (come in questo caso) distribuire, prodotti poco rischiosi, innocui e calcolati. Tra jumpscare e tutto il collaudato bestiario di certo horror spiritico, Veronica si fa così l’emblema stesso di un cinema ancora appetibile, dignitoso ed esteticamente stimolante, imprigionato però da logiche che ne logorano intenti e spirito creativo relegandolo a un filone che, oramai, pare aver fatto il suo tempo.

Autore: Mattia Caruso
Pubblicato il 15/03/2018

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