Vinyl 1x01 - Premiere

Liminale e spietata, la serie di Scorsese, Winter e Jagger promette di essere un racconto epico e faustiano sulla caduta del rock e la nascita di una nuova era.

Idea accarezzata per anni da Martin Scorsese e Mick Jagger, diventata da documentario a spaccato di uno spazio/tempo rock sul punto di una trasformazione indelebile, Vinyl arriva sugli schermi HBO con una premiere che è praticamente un film-tv, un’ora e cinquanta di introduzione che appare però tassello quasi a sé stante, per certi versi autoconclusivo. Da qui infatti finisce e riparte ogni cosa, dall’American Cemetery e dall’edificio del rock sixties che crolla sotto il peso dei suoi stessi amplificatori.

New York, 1973: i Led Zeppelin sono in tour ad incidere The Song Remains the Same, manca un anno allo scioglimento degli Stooges di Iggy Pop e tre all’uscita del primo disco dei Ramones. Il rock sta cambiando pelle in modo drastico e veloce a colpi di eroina e royalty miliardarie. Mentre gli dei dell’hard rock sconvolgono l’America con concerti-evento sempre più spettacolari, nuovi suoni emergono dagli angoli più nascosti della città. Dai garage, dai magazzini sotterranei trasformati in locali, dai quartieri neri, si carica una rivoluzione in procinto di esplodere. Due sono i sound di questo cambiamento totale: la nuova black music e il punk, creature di metà anni 70 la cui improvvisa espansione andrà a circondare e soffocare quel che resta della rivoluzione culturale del ’68.

La musica, con la sua capacità unica di pervadere e influenzare gli strati più dinamici della vita sociale, diventa così il termometro ideale per misurare lo stato del cambiamento, gli anni Ottanta sono in arrivo e con loro la fine di un’età dell’oro che nel punk trova il suo rabbioso, ultimo, canto del cigno. Presto nulla sarà più lo stesso.

E’ sorprendente la lucidità drammaturgica e storica con cui Vinyl si presenta ai suoi spettatori, una prima puntata che a carte scoperte dichiara quale sarà l’intento della serie: raccontare la fine di un’era e la nascita della nuova scena musicale (e quindi sociale) della seconda metà degli anni 70, tanto dalla prospettiva canonicamente bianca del punk che da quella tipicamente black del funk/soul, culla dei futuri hip hop e dance. Per fare ciò Scorsese e Jagger incontrano il talento indiscusso di Terence Winter, che dopo esser cresciuto ne I Soprano e averci regalato Boardwalk Empire recupera il medesimo modus operandi e contribuisce alla nascita di Richie Finestra.

Interpretato da un ottimo Bobby Cannavale, Finestra con la sua American Century – etichetta discografica di portata storica ma ora sulla via del fallimento – è epitome di questo cambiamento storico, oltre che personaggio tipicamente scorsesiano nel suo tragico antieroismo, nella morale compromessa da vizi e patti faustiani, nel passato marchiato da un peccato originale che sembra ora tornare per saldare il conto. Finestra sarà perno centrale di questa nuova narrazione corale, grimaldello con cui Vinyl ci condurrà per mano all’interno di un mondo che sta per crollare su sé stesso, sepolto dai propri eccessi e dall’incontrollata e imprevista crescita economica.

Droga, omicidi grotteschi, il cinema che si lega a doppio filo al rock, due facce di un amore che cresce al buio della sala e si moltiplica sui proiettori casalinghi e sui ricordi d’infanzia. Tra cinefilia e ricostruzione d’epoca Vinyl appare dal suo primo episodio la continuazione ideale di quell’incontro creativo e produttivo avvenuto tra Scorsese e Winter. Nell’unirsi questi due nomi portano a contatto mondi poetici ormai definiti ma soprattutto impianti realizzativi diversi, cinema e televisione, che tornano a dialogare e alimentano un fuoco con cui dare vita ad una nuova epopea. Perché di questo si tratta, ancora una volta di epica, anche se l’elemento criminale sarà probabilmente mantenuto più ai margini rispetto all’inondazione di musica e droga che pervade questa New York. E poco o nulla ha compreso di quanto successo nella televisione degli ultimi anni chi guarda a questa premiere come all’ennesimo film di Scorsese, fermando l’analisi alle, indubbie, correlazioni stilistiche e marche autoriali. Parlare solamente dell’estetica scorsesiana adesso, dopo l’evoluzione seguita al pilot di Boardwalk Empire attraverso la fucina estetica dei registi HBO (Coulter e Van Patten su tutti) vuol dire fermarsi al dito e non accorgersi della luna, fermarsi all’etichetta senza approfondire lo sguardo.

Anche nella sua sfacciata autorialità, nella sua splendida patina visiva che torna quasi a Taxi Driver e nel modo in cui quell’iperrealismo viene oggi messo a dialogo con il respiro dopato del Wolf of Wall Street, anche in un’immagine che chiaramente cerca di raccogliere in sé momenti di carriera e ossessioni, Vinyl è creazione collettiva che porta l’indelebile marchio sì di Scorsese ma anche di Winter e della HBO, è serialità di grande livello che promette di raccontare con intelligenza la morte del rock’n roll e la nascita della musica futura, la fine di un momento storico e l’insorgere del successivo. Intento che in questo primo episodio vive di immagini desaturate e opache, i colori marroni e verdi della pellicola anni 70 che avvolgono una ricostruzione dettagliatissima e appassionata.

Liminale e spietata, Vinyl vive di musica e rock senza diventare videoclip, introduce un parco di personaggi dall’ottimo potenziale e un protagonista faustiano che, sulla scia di Nucky Thompson, promette di fare da chiave di volta di un tempo e di un mondo sul punto di scomparire e mutare irreversibilmente.

Rock ’n’ roll is dead, long live rock ’n roll.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 19/02/2016

Articoli correlati

Ultimi della categoria