Vivere alla grande
Un documentario d'inchiesta sul gioco d'azzardo legalmente riconosciuto
Dopo aver partecipato alla selezione del Festival di Locarno nell’edizione 2015, Vivere alla grande del regista Fabio Leli diventa gratuitamente visionabile all’attuale festival di documentario online Via Emilia Doc Fest. Vivere alla grande è un film d’inchiesta documentaria tantacolare in grado, grazie anche alla sua lunga durata, di indagare vari aspetti riguardanti il gioco d’azzardo legalizzato. Possedendo una struttura polifonica, Leli intervista diverse personalità politiche, sociali, nonché i protagonisti di queste piccole storie tragiche e quotidiane, riuscendo a tracciare un quadro ben definito di questa piaga popolare gestita da poco puliti concessionari e con il benestare politico ed economico dello Stato italiano. L’inchiesta parte da una data ben precisa e da un evento catastrofico che ha segnato il territorio abruzzese dando all’allora primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, il pretesto per un intervento economico che ha aperto alla liberalizzazione del gioco d’azzardo. Dal decreto salva Aquila all’art. 110 comma 6 del Tulps (dove le slot machine arrivano ad essere considerate gioco lecito al pari di qualsivoglia gioco di abilità) nel territorio italiano e nell’online digitale si moltiplicano a dismisura le macchinette mangia soldi (e mangia anima), i gratta e vinci, le scommesse sportive, i giochi a premi, le lotterie, i casinò online.
Attraverso l’intervista frontale a matematici, onorevoli, artisti contemporanei, l’inchiesta di Leli definisce un fenomeno patologico per le tasche e per le identità di milioni di persone del territorio nazionale, definendo una strada che giunge fino a chi davvero ci guadagna, un sistema che attira e sfrutta il desiderio di rivalsa, celato nel termine fortuna, del ceto medio basso, un sistema che basa i propri profitti sulla quantità al gioco rispetto alle vincite minime, un processo matematico e statistico esatto, dove a perdere sarà sempre la quantità e dove a vincere saranno sempre gli stessi gestori e/o tesorerie statali. Il documentario di Leli non si prefigge di ridare una visione empatica del fenomeno ma è proprio attraverso l’algida benché approfondita formula dell’inchiesta (in questo caso funzionale per la grande mole dell’informazione) che ci appare un fenomeno dal quale è difficile uscirne indenni, dove le responsabilità hanno dei nomi e dei cognomi che appartengono ad importanti cariche statali, dove chi segnala ostacolando e creando attrito in questa enorme macchina perfetta viene allontanato, tacciato come persona poca gradita. Una tassa invisibile che crea desiderio, bisogno, dipendenza, una tassa nei confronti del ceto meno abbiente con lo scopo di creare miseria, morale ed economica, spingendo tutte le categorie di persone (giovani o meno giovani) verso una nuova malattia sociale: la ludopatia.