1983

La prima serie polacca prodotta da Netflix è un sorprendente noir distopico che cerca una complessità narrativa e tematica.

1983 - recensione serie tv netflix

Nella storia della Polonia i primi anni Ottanta sono un momento cruciale. Afflitto da contraddizioni interne ormai insolubili, il regime comunista inizia a perdere la sua presa sul tessuto sociale, e per patteggiare con i cambiamenti in corso approva gli accordi di Danzica, una pietra miliare nella strada verso la democrazia. Tuttavia un’improvvisa legge marziale frena il processo in corso: leader, operai e studenti vengono arrestati; le libertà ridotte al minimo; il controllo poliziesco diventa una prassi mentre il paese sprofonda nel caos di torture e dilazioni. Nella nostra storia la legge marziale viene abrogata nel luglio del 1983, dopo il quale il paese entra in una stasi sociale da cui si libererà solo con il collasso dell’Unione Sovietica. La realtà di 1983 è invece ben diversa: una serie di attentati terroristici colpisce le principali città del paese, centinaia sono le vittime e gli orfani, e da quel sangue e quei volti il regime trae nuova vita e forza. Nella realtà di 1983 la cortina di ferro è ancora in piedi, e la Polonia è stretta da una violenta dittatura. Almeno fino al 2003, quando nuove decisioni politiche e la pressione di un terrorismo interno innescano un’escalation dalla portata rivoluzionaria.

Distribuita come prima serie originale polacca nel panorama internazionale dei Netflix originals, 1983 è un ibrido che vede la genesi creativa dello sceneggiatore Joshua Long e la produzione dell’americanissima Kennedy/Marshall Company di Kathleen “Lucas film” Kennedy. Regia, maestranze e cast sono però polacche, come altrettanto localizzata è l’identità distopica del racconto, che si nutre del thriller distopico di stampo hollywoodiano per applicarne i moduli a una narrazione calata nel suo particolare contesto geopolitico, cantiere storico ancora aperto, diviso tra Est e Ovest, in cui terrorismo, repressione, agitazione e conformismo sociale sono gli attori principali. Il risultato di quest’incontro tra elementi americani e identità europea è quella che, ad oggi, possiamo indicare come la migliore serie internazionale Netflix, il risultato più maturo e consapevole di quell’approccio g-local che vuole sposare le necessità della localizzazione con quelle della distribuzione mondiale. 1983 infatti è una serie che evita i tipici limiti degli show Netflix (prolissità e superficialità del racconto, approccio conciliante a tutti i costi e taglio teen inteso come appiattimento di personalità) abbracciando piuttosto la complessità narrativa e tematica come valore aggiunto, scarto dalla norma. Come e meglio della tedesca Dark, 1983 non offre soluzioni facili, non porta per mano lo spettatore lungo ogni svolta, ma anzi innalza incredibilmente il livello di intreccio e densità narrativa pretendendo un’attenzione attiva. E ciò avviene perché vengono presi di petto temi delicati ed estremamente attuali come l’uso politico e identitario del terrorismo da parte del potere, o l’ingerenza invisibile e totalizzante dell’ideologia capitalistica; seppur nascosto da intrighi politici, giochi di spie e segreti di stato, il cuore del discorso portato avanti da Long riguarda i rapporti articolati e variabili che si istaurano tra identità locale e globalizzazione, terrore e comunione nazionale, benessere e asservimento. La via d’accesso è una riscrittura distopica e plumbea dell’Europa centrale e della Polonia, letta dalle due prospettive del noir poliziesco e del thriller politico. Così 1983 cerca di far dialogare due anime e linee narrative: la prima riguarda Anatol, poliziotto caduto in disgrazia, amareggiato e sfiduciato nei confronti del sistema, per quanto non apertamente in conflitto con esso; la seconda ruota attorno all’orfano Kajetan, diviso tra la sua ricerca d’identità e l’uso mediatico che la classe politica ha fatto del suo lutto per serrare le proprie dita di ferro attorno alla gola del paese. Redenzione e racconto di formazione, bisogno di riscatto e sete di verità si alternano e intrecciano nel corso del racconto, all’interno di una cornice estetica che sfrutta il tema dell’immigrazione per ricreare scorci fanta-noir a là Blade Runner, o calca la mano sull’oppressione militare e tecnologica ricordando le cupe atmosfere del V per vendetta di Alan Moore. Del resto il comparto visivo è il forte valore aggiunto della serie, capace di trovare una sua identità e di portarla avanti coerentemente, applicandola in forma spesso brillante ai vari momenti della storia.

Adulta e ambiziosa, 1983 è una serie importante nel panorama Netflix ma poco sfruttata da una piattaforma sempre più interessata ad un pubblico adolescenziale; del resto la sua materia in costante espansione mal si adatta al respiro normalizzante di molte produzioni coeve. Certo, 1983 osa tanto e non riesce sempre a mantenere un rapporto equilibrato tra i suoi elementi, fallendo in particolare nel cercare una coesione tra la linea del colpo di stato e quella dei protagonisti. Tuttavia, nonostante la confusione che periodicamente affligge il racconto e il desiderio sicuramente eccessivo e fuori controllo di espandere la materia trattata, siamo di fronte un tassello importante nella storia della serialità europea.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 08/04/2019
Durata: 1 stagione da 8 episodi

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