The Watcher
Dopo il successo di "Dahmer", la nuova Netflix original di Ryan Murphy è un altro record di visualizzazioni e conferma lo showrunner come il primo e più compiuto autore postmoderno della televisione americana.
Quando parliamo di un prodotto firmato da Ryan Murphy è lecito aspettarsi tutto e il contrario di tutto; d'altronde non importa che se ne parli bene o male, l'importante è che se ne parli. Non fa eccezione The Watcher: la nuova serie "record" di Netflix, prodotta insieme all' inseparabile collega Ian Brennan e interpretata da un cast stellare, tra cui spiccano i nomi di Bobby Cannavale, Naomi Watts e Mia Farrow. Contraddistinto, fin dagli esordi, da uno stile unico e inconfondibile in grado di amalgamare influenze culturali e sintassi cinematografiche differenti alle sue abilità di sceneggiatore, imprenditore e provocatore tout court, Murphy è diventato in breve tempo lo showrunner più ambizioso e prolifico di Hollywood, forse il primo, vero, autore postmoderno della televisione. Tuttavia, nonostante le ragioni principali legate al suo inarrestabile successo commerciale siano spesso attribuite esclusivamente alla carica trasgressiva e al carattere sfacciatamente glamour delle sue produzioni, il valore artistico dell'opera di Murphy risalta quando sfodera un' affilata vena satirica e dimostra di essere non soltanto un lucidissimo indagatore ma, soprattutto, uno spietato cronista dell'attualità.
Questo talento, forse il meno celebrato dalla critica, emerge in maniera evidente anche nella recente miniserie di The Watcher, rilasciata a poche settimane di distanza dall'acclamato "Dahmer - Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer". Parliamo di una storia ansiogena di orrori domestici, conflitti sociali e ricatti famigliari, capace di destabilizzare lo spettatore, senza bisogno di versare una goccia di sangue, con le sue sottili allusioni ai traumi e ai risvolti psicologici della pandemia appena trascorsa. Ispirandosi a eventi realmente accaduti, Murphy utilizza come pretesto un articolo di giornale su una casa infestata da un fantomatico stalker - chiamato "l'Osservatore"- per mettere in scena una parodia grottesca della società (americana) contemporanea all' ombra del Lockdown, divisa tra ossessioni collettive e frustrazioni personali. Presentata come un thriller a sfondo paranormale sulla falsa riga della saga di Amityville , The Watcher si rivela uno psicodramma corale dai toni farseschi e dalle tinte nerissime, incentrato sugli incubi finanziari e le manie di persecuzione e disturbi voyeuristici - ben più tangibili - che affliggono i protagonisti della storia: una famiglia di yuppie del terzo millennio intrappolata all'interno di un microcosmo casalingo ostile e inospitale, in balia di un subdolo complotto a base di fake news in cui è coinvolta un'intera cittadina del New Jersey.
A distanza di due anni dall'emergenza globale del Coronavirus, in un clima generale di incertezza e precariato a tutto tondo, ancora contaminato dall'eco delle restrizioni, che ci ha abituato a diffidare gli uni degli altri, The Watcher ci ricorda, senza addentrarsi in spiegazioni inutili, come il "sonno della ragione" genera mostri, reali e immaginari, esponendo tutti - nessuno escluso - al rischio di abbandonarsi a comportamenti irrazionali alla ricerca disperata di un "capro espiatorio" su cui sfogare la nostra paura dell' ignoto e proiettare le nostre angosce sul futuro. Malgrado alcuni difetti congeniti a tutte le sue creazioni, Ryan Murphy riesce a farsi a perdonare i ritmi dilatati e le incongruenze di un intreccio farraginoso grazie alla verve caricaturale dei suoi personaggi e un'atmosfera paranoica, unita alla una suggestiva ambientazione suburbana a metà strada tra un episodio di Ai confini della realtà ("Mostri in Maple Street") e una pellicola di Joe Dante ("L'erba del vicino"), regalandoci un altro feroce ritratto (di famiglia) del nuovo gotico americano perfettamente in linea con quanto realizzato finora con il format American Horror Story.