Il primo film che forse supera il baratro e prova a riflettere sul potenziale mitopoietico di immagini che sono pura sintesi, non necessariamente legate a uno spazio "reale". Le premesse sono straordinarie ma il ragionamento non supera il prologo e sulla lunga distanza rivela la paura, sua e del pubblico, di muoversi in uno spazio privo di vere referenze.
David O. Russell pare sfiorare il suo opus magnum, un thriller corale che ragiona sul caos tra le due guerre attraverso l'ipertrofia del suo cinema. Ma è solo fumo negli occhi ed Amsterdam si dimostra perfetto esempio di un cinema sempre più zombiesco.
Ritratto di coppia in tempesta, che mettendo in crisi comunicazione ed empatia ci parla con grande intelligenza di autenticità e finzione, attraverso l'influenza preponderante e gargantuesca dell'ego.
Dopo "Chi-Raq", Lee non sembra essersi allontanato dalla commedia sofisticata della classicità, da quel meccanismo di maschere e inganni nella cui ostentata finzione emerge, lampante, l’urgenza del reale.