Perché prima era prima, cantava sagacemente Daniele Silvestri in uno dei suoi ultimi album, alludendo al fatto che come si stava una volta… E sembrano partire proprio da questo assunto gli abitanti del Carmine di Brescia, pieno centro cittadino, nell’edulcorare la loro miopia verso una ripopolazione del loro quartiere da parte di immigrati, in maggioranza nord-africani e albanesi, questi ultimi in fuga dal tristemente noto stadio di Bari del ’91, appena sbarcati dalla Vlora, per poi man mano integrarsi fino a diventare tessuto sociale al pari degli italiani. Ennesimo scontro fra civiltà, ennesima lotta tra poveri, ennesimo racconto del reale, ancora dalle sapienti mani e menti di Zalab e della sua – e di Andrea Segre – più preziosa, oserei dire unica, addetta al montaggio, Sara Zavarise che con il suo Carmine – Voci da un quartiere, realizza nel 2007, grazie anche alla collaborazione di vari enti no-profit, un mini documentario di soli 23 minuti che però tenta l’indagine socio-antropologica che le sarebbe anche riuscita, non fosse per il minutaggio da servizio giornalistico allungato.
Tutto inizia con il “Progetto Carmine”, in cui l’amministrazione locale decide di riqualificare il centro storico togliendo dagli edifici i legittimi proprietari con le scuse più disparate – pericoli di crollo imminente, cedimenti strutturali fantasma o locazioni in naturale scadenza – tutto per poi vendere ad albergatori quattro stelle o catene di fast food. E mentre si realizzano i lavori è normale che qualcuna di queste palazzine sia occupata da migranti che non hanno un posto per dormire, e così man mano si insediano nella città e cominciano anche loro, dopo lunghi sacrifici, ad aprire le loro botteghe, le loro frutterie, i loro internet point ed ad espandersi, desiderosi soltanto di una vita normale come tutti. Copione già visto? Storia già raccontata? Sicuramente si, ma non importa, perché se associamo ad un montaggio equilibrato, una musica gradevole e puntuale, ciò che resta di questo Carmine – voci da un quartiere, si va inserendo perfettamente, sotterraneamente, in ciò che da queste parti ci sta a cuore.