Atlas

di David Nawrath

Un ottimo esordio di genere, un thriller dai rimandi tragici incentrato sulla grande interpretazione di Rainer Bock.

atlas - recensione film David Nawrath

Rainer Bock è un attore dal talento impossibile da ignorare, che non a caso è entrato quest'anno nel prestigioso (e dal livello attoriale difficile da eguagliare) cast di Better Call Saul. Ed è su Bock, sulla sua recitazione creata solo con gli occhi e la sua faccia comune segnata dalla vita, che si basa quasi per intero il valore di Atlas, primo lungometraggio di David NawrathIn bilico tra noir e affresco sociale, il film ha anche potentissimi echi narrativi di tragedia greca e come ogni tragedia che si rispetti pone la famiglia al proprio centro, i padri e i figli, il peso che i primi imprimono sui secondi e la tara sociale di una mascolinità che ingabbia, che si ripresenta indesiderata ogni volta che si cerca di scacciarla e che condiziona ogni azione futura, di uomo in uomo.

Al centro della vicenda c'è Walter, traslocatore ormai anziano dotato di una straordinaria forza fisica, che però ormai lo sta abbandonando, uomo solo dalla vita monacale e dalle pochissime parole che finisce invischiato suo malgrado in una storia di sfruttamento immobiliare, riciclaggio di denaro e gentrification. Grazie a questa situazione riemergerà un passato da cui Walter è stato allontanato (o ha voluto consapevolmente allontanarsi, o forse entrambe le cose) e che gli offre ora una seconda occasione di “essere uomo” e rimediare ai propri errori.

In apparenza perfettamente inserito in un ambiente che consente uno scarsissimo margine di umanità, e che sembra per questo il guscio perfetto per proteggerlo, Walter nel corso del film prende vita a poco a poco nella potenza della performance di Bock: i gesti ripetitivi e rassegnati nascondono una carica di energia repressa che quasi letteralmente traspare dallo sguardo dell'attore, un'energia ferale ed empatica insieme che si esprime attraverso silenzi e gesti improvvisi.
L'andamento del film si regge sulle spalle di questa performance, attorno alla quale viene a crearsi una tensione crescente all’interno di una struttura solidissima che trasforma in thriller la malinconia di una quotidianità disperata, e che porta la tragedia ad un inaspettato lieto fine, in cui si evoca la possibilità della rottura di un ciclo tossico di violenza e impotenza, affidando la risoluzione alla famiglia stessa, che da maledizione diventa ancora di salvezza capace di redimere e perdonare.

Un ottimo esordio, che nonostante la debolezza del cast che circonda Bock (con la notevole eccezione di Thorsten Merten), non sbaglia un dialogo e ci regala un'ottima variazione sul tema del drama contemporaneo.

 

Autore: Eugenia Fattori
Pubblicato il 03/12/2018
Germania 2018
Regia: David Nawrath
Durata: 99 minuti

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