Juliet, Naked – Tutta un’altra musica
Jesse Peretz firma una brillante comedy sulla cultura nerd e sulle seconde occasioni. Uno dei colpi al cuore del TFF.
«Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio» disse una volta José Mourinho, uno degli allenatori più vincenti di sempre, oltre che uno dei personaggi più significativi del calcio degli ultimi anni. L'acutezza di questa famosa frase emerge anche traslando il settore di riferimento, come dimostra alla perfezione Jesse Peretz con il suo Juliet, Naked, film presentato nella sezione Festa Mobile nel corso della trentaseiesima edizione del Torino Film Festival – dove ha riscosso un notevole successo durante tutte le proiezioni. Il compagno della protagonista, Duncan, è un insegnante al college ma soprattutto un uomo ossessionato da anni dal musicista americano Tucker Crowe, sul quale ha realizzato un sito che contiene aneddoti e informazioni di ogni genere. Duncan si considera un'autorità sulla vita e la poetica di Crowe, ma con il procedere del film si scontra con l'evidenza che in realtà conosce molto meno di quanto immagina.
Al centro di Juliet, Naked c'è però Annie, donna sui quaranta che ormai da tanti anni vive una storia d'amore con Duncan fatta soprattutto di insoddisfazioni e compromessi al ribasso, frustrata da un uomo che a ben guardare non ha nulla di particolarmente negativo, ma con il quale non è mai scoppiata una vera scintilla. Il film è tratto da un romanzo di Nick Hornby e possiede al proprio interno tutte le classiche ossessioni dell'autore, compreso il lato più nerd-sfigato di cui Duncan rappresenta un'incarnazione creepy e al contempo umanissima. Cosa succede se una donna si innamora dell'ossessione del proprio compagno? A partire da questa premessa narrativa il film si sviluppa con una cura maniacale di ogni dettaglio, sviluppandosi in una serie di sequenze in cui ogni gesto è finalizzato a uno motivo comico o drammatico e il punto di vista è spiccatamente femminile, grazie a un team di sceneggiatrici tra cui figura anche Tamara Jenkins, il cui ultimo e bellissimo film (Private Life) è uscito da poche settimane su Netflix.
Il film modella la rivisitazione dei tradizionali dettami della rom-com tenendo ben presente da una parte l'ambientazione indie-rock e dall'altra l'intenzione di guardare alla battaglia tra i sessi da una prospettiva femminile. Modificando la prospettiva emerge è un mondo fatto di maschi che vivono delle loro ombelicali ossessioni, bramosi di una irraggiungibile conoscenza enciclopedica e assetati di aneddoti da collezionare. Il discorso del film si estende dall'opera di Tucker Crow alla musica, fino alla cultura tout court: il confronto tra i sessi inquadra alla perfezione una cultura ossessionata dall'intertestualità, in cui ciò che viene prima nobilita ciò che viene dopo e The Wire può essere realmente capita solo se si conosce la Tragedia Greca, così come gli show contemporanei ricevono legittimazione se guardano a The Wire, e poco importa se oltre al tentativo di innalzarsi sulle spalle dei giganti ci sia o meno qualcos'altro di significativo.
Jesse Peretz si prende gioco in maniera esplicita di questo sistema scegliendo forse l'esempio più emblematico possibile, la versione inedita di un brano di culto, quella “nuda”, registrata male, quella che per alcuni rivelerebbe l'autenticità dell'Artista, il vero cuore pulsante del Genio. Naturalmente quello che per Duncan è il segno di una Verità Artistica insindacabile per Annie (come per il suo autore) è semplicemente una registrazione venuta male non meritevole di quel genere di culto, ai suoi occhi così cieco da spingerla ad esporsi in maniera pubblica e netta sul sito del compagno. È al contempo brillante e rivelatorio che Tucker Crow, praticamente scomparso da diversi decenni, si faccia vivo proprio ora e si innamori di Annie proprio a partire dal suo spirito critico.
La regia di Peretz descrive con precisione la costruzione del rapporto tra Annie e Tucker, soprattutto quando legge in controluce le conseguenze del privilegio in relazione al personaggio interpretato da Ethan Hawke. Forte della regia di una lunga serie di episodi di Girls, il regista dimostra di avere la sensibilità adeguata per trattare questo genere di storia e affrontare il percorso di autocritica e rinascita di Tucker dopo anni in cui hanno prevalso egoismo e dissoluzione.
A produrre il film c'è Judd Apatow, una delle figure più interessanti della commedia americana contemporanea, che in questo caso proietta nell'opera la capacità di approfondire i punti di vista maschile e femminile che già era al centro di Love, così come quella di costruire situazioni comiche davvero esilaranti grazie anche alla recitazione dei tre protagonisti. Se Ruby Byrne e Ethan Hawke dimostrano un'ottima chimica, è Chris O'Dowd la versa sorpresa: il suo Duncan riesce ad essere al contempo divertentissimo, inquietante e incredibilmente ricco di sfumature e autentica umanità.
Juliet, Naked lascia i propri spettatori dopo un'ora e mezza esilarante, fatta di battute a ripetizione e una storia che appassiona in tutte le sue parti, ricca di nuance legate alla mascolinità (mettere da parte l'autocommiserazione è il primo passo per ricominciare, per entrambi gli uomini) e con una stupenda colonna sonora, curata e quasi totalmente cantata proprio da Ethan Hawke.