Dossier Joe Dante / 9 - Democratic Man
Un analista critico e profondamente democratico che utilizza il mezzo in direzione antirepubblicana, un cinema che picchia forte senza lasciare segni visibili sulla pelle spettatoriale.

Joe Dante è un liberale e democratico cittadino americano. Il suo cinema flessibile ed anarchico dimostra di essere capace di plasmarsi assumendo diverse forme, definite su generi cinematografici ben precisi, questo gli permetterà di dire la sua sulla politica americana. Dietro lo stile che caratterizza la forma di una storia, il discorso può celare chiari segni di contestazione. La sua accusatoria satira si adatta perfettamente al genere che vuole rappresentare, come con l’horror (L’ululato), la commedia (Matinee), il tv movie (La seconda guerra civile americana), generi sempre capaci di leggere gli stati d’animo di una Nazione e buoni per intavolare con il pubblico un discorso dialettico di riflessione. Joe Dante è un cittadino del suo Paese, e come tale ha vissuto tutti i cambiamenti politici evolutivi interni. Conosce l’America e conosce le sue profonde divisioni e contraddizioni che la strutturano. Conosce il conservatorismo reazionario delle masse repubblicane, ha vissuto ed operato sotto Regan, conosce la legge sul Diritto dell’imparzialità che, fino al 1987 (molto interessanti, su questo argomento, sono gli articoli pubblicati da Brian C. Anderson sul neworkese City Journal), sottolineava il diritto di equità televisiva, dove un broadcast poteva trasmettere un messaggio politico fazioso solo se garantiva la trasmissione dell’opposta visione politica. Diritto questo decaduto durante una legislazione dello stesso presidente repubblicano, lasciando il Paese in preda al più scellerato fanatismo politico mass-mediale. Ha vissuto il periodo Bush e, attraverso l’adattabilità dei suoi script ai film di genere, ha cercato sempre di contestarne le derive imperialiste e lobbistiche. Dopo aver sezionato e mostrato l’interno della macchina televisiva sensazionalistica, molto spesso usata dai poteri egemoni per veicolare il loro messaggio alle masse, la sua critica colpirà pienamente il cuore della politica nazionalista repubblicana. I poteri forti che governano il Paese si nascondono sotto il substrato societario, agiscono come leve che dal basso muovono i fili della politica.
Per Dante, il potere economico della lobby private è alla base del favore repubblicano (Looney Tunes – Back in Action, Small Soldiers), fazione politica questa dedita alla cultura della forza (come l’Idaho in La seconda guerra civile americana) ed incapace di dimostrarsi matura per un dibattito lecito con la fazione opposta. L’essere repubblicano si manifesta come una demenza pericolosa, o attraverso l’inettitudine nel riconoscere (ed accettare) la diversità (L’erba del vicino, The Hole) oppure, attraverso la mistificazione della sua politica, fino ad arrivare all’azione vera e propria, come il chip introdotto nei piccoli soldati adatto ad una guerra in miniatura che investe (ed intacca) l’ingenuità adolescenziale. La finzione per Dante arriva a correggere (mistificando) l’isteria repubblicana che invade l’America durante il periodo della guerra fredda (in particolar modo durante la crisi missilistica cubana), il cinema diventa l’illusione giusta per evadere dalla paura e per confondere la scimmiesca mente dell’americano medio (Matinee). Il cinema diventa bunker nel quale isolarsi fino alla fine del conflitto, un cinema capace di diventare altromondo salvifico ed emule canzonatorio dell’orrore della guerra. Dante finge la guerra per salvare i suoi spettatori attraverso il cinema, confonde i suoi detrattori con la sua carica onomatopeica della visione in sala. Un cinema d’attacco, feroce e pronto a sparare 24 fotogrammi al secondo che sanno di finzione, come una pistola finta con la bandierina del Bang al posto del colpo sparato. Un cinema che sa picchiar forte senza lasciare lividi sul corpo dello spettatore. Dante arriverà a condannare pienamente la scelta, da parte del popolo americano, dell’elezione di Bush. Lo farà direttamente e senza giri di parole, adattando al genere che per eccellenza (lo zombie movie) si è fatto portatore della riflessione societaria romeriana, e lo farà con tutta la sua forza senza lesinare in potenza, dando un sonoro pugno nello stomaco all’elettorato repubblicano (Candidato Maledetto).
Attraverso i soldati morti in Afganistan, altrettanti puppets (soldatini) utili come carne da macello per una guerra privata e lobbistica, Dante rivendica il diritto dell’errore elettorale, chiama in causa i morti che hanno creduto nella sicurezza della nazione (principio fondamentale repubblicano) dandogli, da zombie, una seconda possibilità; la possibilità di espiare la colpa elettorale votando contro il potere che li ha prima usati e poi uccisi. Ma il cinema di Dante non è solo contestazione antirepubblicana, è anche un cinema liberale e democratico, portatore di tutti i valori propri del suo pensiero, sia attraverso l’uguaglianza paritaria di appartenenza biologica e culturale (L’ululato, L’erba del vicino, The Hole), sia attraverso le tematiche ambientaliste (Small Soldiers, Contro natura). Il cinema di Dante è fortemente antirepubblicano quanto liberal democratico, un cinema che riesce a contestare attraverso l’analisi di tematiche care all’elettorato democratico frankliniano. Se la televisione è il mezzo di dominio, apparecchio che genera mostri, il mostruoso puparo è sicuramente un repubblicano. Se mentre vedete un film di Dante a tarda serata, sentite il disperato bisogno di mangiare dopo la mezzanotte o di farvi una bella doccia dopo la visione, non fatelo, non vorreste certo essere trasformati in un’indisciplinata mostruosità repubblicana?