Ad appena due anni di distanza dall’uscita nelle grandi sale della discutibile pellicola di Kevin Munroe, Dylan Dog – il film, ci troviamo di fronte, nuovamente, ad un fan-film sul famoso indagatore dell’incubo. Appurata l’innegabile scarsa fedeltà della pellicola statunitense al personaggio creato dalla mente di Tiziano Sclavi, non stupisce il fatto che un gruppo di giovani, appassionati e volenterosi, abbia deciso quindi di girare un proprio film sull’indagatore londinese. Stupisce invece il fatto che in quest’ultimi anni l’icona di Dylan Dog sia divenuta, cinematograficamente parlando, un piccolo fenomeno di massa che, vuoi per coincidenza, vuoi per volontà, ha invaso il web (italiano) con la produzione di ben tre lungometraggi indipendenti. Una di queste riguarda ovviamente il film in questione, mentre le altre due sono il frutto del collettivo Grage Picutres, una piccola casa di produzione amatoriale che ha girato Dylan Dog – L’inizio, recensito da noi poche lune or sono; e che ha da poco ultimato le riprese di Dylan Dog – Il trillo del diavolo. Un sequel dal quale si evince la volontà di battere, come si suol dire, il ferro finché è caldo.
Appurato tutto ciò, ci sembra evidente che l’Italia non ha reagito molto bene al trattamento superficiale e leggero del famoso investigatore dell’incubo (da parte della sceneggiatura statunitense), e che abbia voluto dire la sua in proposito; seppur legata a realtà no-budget e no-profit, nelle quali i protagonisti sono spesso un collettivo di lettori e fan più o meno appassionati. Ed a tal proposito è un grande collettivo quello che mette su il regista Denis Frison per il suo Dylan Dog, nel quale troviamo veramente un gran numero di “attori” e comparse (quasi tutti non professionisti data la natura stessa del film). Un progetto, questo, lungo e laborioso, sul quale Frison punta parecchio, forse troppo; vista la lunga durata dell’opera, che supera le due ore (affatto poche per un film di questa entità).
Entrando nel film, ci accorgiamo subito che Denis Frison e Walter Brocca sono grandi conoscitori del personaggio di Dylan Dog, e della sua testata; la pellicola infatti è intrisa di citazioni più o meno velate che rimandano continuamente agli albi a fumetti. Spicca in questo caso, primo su tutti, l’omaggio di Frison alla famosa Ballata della morte, Scritta da Tiziano Sclavi nel celebre episodio di Dylan Dog intitolato “Attraverso lo specchio”. Proseguendo nella visione rimaniamo piacevolmente soddisfatti dal trattamento operato sui due personaggi principali, Dylan e Groucho, i quali ricreano alla perfezione, coi loro battibecchi, i toni e le atmosfere del fumetto. Sottolineiamo in questo caso la buona performance interpretativa di Walter Brocca, il quale, pur non essendo un attore professionista, riesce a calzare a pennello la figura dell’ilare e logorroica spalla dell’indagatore dell’incubo. Non possiamo dire invece altrettanto bene della struttura del film che, superati gli ottimi primi trenta minuti, comincia ad annaspare inesorabilmente scoprendo sempre più il fianco; possiamo vedere infatti come la prima trance del film mostri una buona qualità nel complesso, sia nel girato che nel montaggio. Dalla visione si evince una buona conoscenza del mezzo, e l’introduzione ai personaggi e alla trama non è affatto banale, mentre l’eterno battibecco tra Groucho e Dylan è sviluppato addirittura magistralmente in alcuni tratti (il migliore esempio è nei titoli di coda) con l’utilizzo di battute e freddure esilaranti. Tuttavia, mano a mano che si procede nella visione diventa evidente come questa qualità cominci a scadere: la sceneggiatura, uno dei pilastri più importanti per la riuscita del film, precipita letteralmente, giungendo nel finale ad un risultato a cui, anche con tutta la buona volontà, è veramente impossibile dare un un senso. A fronte del disastroso finale del film, la prima ipotesi che senza dubbio salta alla mente è quella che vede chiaramente una volontà, da parte del regista, di voler dilatare ed allungare a tutti i costi l’opera.
Da quanto si appura sul web è possibile vedere come, a quanto pare, il progetto iniziale doveva essere un cortometraggio di 30 minuti, che poi strada facendo è stato dilatato e rimaneggiato, fino ad arrivare una lunghezza superiore di addirittura quattro volte; e questa scelta, senza dubbio non ha pagato. L’impressione è quella che il progetto, inizialmente di vedute più modeste (ma probabilmente di qualità superiore), sia stato gonfiato a tutti i costi, forse in un utopico e disperato slancio teso a voler superare quella dimensione/etichetta di fan-film, (avvertita probabilmente come riduttiva) per approdare di forza nel territorio del film vero e proprio. Tuttavia il salto decisamente si è concluso in una rovinosa caduta. In favore di una maggiore durata è stata sacrificata la dignità stessa del film, e questo è un vero peccato, perché nei primi trenta minuti Frison aveva dato dimostrazione di una grande qualità, creando sul film grosse aspettative, mozzate letteralmente da un finale superficiale e sconclusionato.