Far East 2015 / Kung Fu Jungle
Il film di Teddy Chen è un accorato omaggio alla storia del kung fu movie, ma l’esito finale per quanto spettacolare non è all’altezza della tradizione
Da grandi poteri non derivano solo grandi responsabilità ma anche la necessità di essere umili, la consapevolezza di non dover abusare delle proprie capacità. E’ questa in poche parole la morale di Kung Fu Jungle diTeddy Chen, un accorato omaggio alla tradizione del cinema di arti marziali made in Hong Kong. Lo spunto di partenza è dei più semplici: l’attore Donnie Yen – il più grande divo action nell’Hong Kong di oggi –interpreta Mo, un istruttore di arti marziali finito in carcere per eccesso di violenza; ad accorciare la sua pena ci penserà un misterioso assassino, deciso a dimostrare di essere il migliore uccidendo in duello tutti i più grandi esperti di kung fu, ciascuno specializzato in un particolare settore della disciplina. Considerate le specifiche del caso e le conoscenze nel settore di Mo, la polizia lo tirerà fuori di prigione come consulente speciale. Peccato però che anche questo facesse parte del piano dell’assassino..
Diviso in sfide singole come nella migliore produzione anni Settanta, Kung Fu Jungle è il risultato di una tradizione cinematografica lunga decenni, tanto tecnica quanto filosofica. Il cuore del film del resto è l’affermazione di come il kung fu, per quanto letale, non debba essere utilizzato per uccidere ma per migliorare sé stessi. Una lezione ineccepibile, attorno alla quale Teddy Chen costruisce un omaggio sicuramente spettacolare ma mai convincente fino in fondo. Kung Fu Jungle infatti è il classico film il cui totale si svela essere meno della somma delle sue parti: stunt professionali, attori tecnicamente straordinari e anni di storia alle spalle non rendono infatti un risultato finale di grande spessore, rimanendo soltanto aspetti di valore di un film che nel complesso non convince molto.
Pugni, lotta, spada e calci sono solo alcuni dei settori in cui si cimenta l’assassino del film, che attraversa i vari ring per collezionare morti e vittorie. E chiaramente ogni scontro è studiato in modo diverso, per offrire allo spettatore i vari lati del kung fu. Il problema sta in quello che c’è in mezzo tra i vari duelli. Ovvio, ad un film di questo tipo non si chiede certo profondità narrativa, ma neanche il vuoto che c’è qui tra uno scontro e l’altro. Ma anche quando arriva all’azione Kung Fu Jungle non riesce a convincere fino in fondo, fallendo nel trasmettere allo spettatore tutta la portata del talento messo in campo dagli attori. Questo avviene anzitutto per una postproduzione fuori controllo – tutte le immagini sono talmente saturate da far sembrare malamente digitalizzata quasi ogni cosa – e soprattutto una regia troppo invasiva e di dubbio gusto visivo, carica di effetti e ralenti e movimenti di macchina nevrotici accompagnati da velocissimi tagli di montaggio. Certo Teddy Chen non è Gareth Evans, ma a volte Kung Fu Jungle va ben lontano dagli standard visivi del cinema cui aspira per assomigliare di più allo show reel dell’ennesimo caotico action hollywoodiano.