Going Clear: Scientology e la prigione della fede

Documentario claustrofobico e ansiogeno che racconta la storia del più famoso culto moderno come paradigma di qualsiasi religione

Un enorme palco. Musica trionfale d’accompagnamento, grandiosi effetti speciali, un pubblico elegantissimo che si rovina i palmi delle mani a furia di applaudire. No, non è la serata degli Oscar: è un evento di Scientology, l’organizzazione religiosa che negli ultimi decenni ha fatto parlare di sé per i suoi celebri adepti – Tom Cruise ne è oggi il fedele più conosciuto – le lotte col fisco e le reiterate voci di abusi e estorsioni. Nato dall’omonimo testo di denuncia di Lawrence Wright, Going Clear: Scientology e la prigione della fede si impegna a raccontare senza omissioni la straordinaria storia di una religione nata da un libro bestseller negli anni Cinquanta, Dianetics, e dalle idee ivi riversate da un uomo, Ron Hubbard, che fino ad allora si era guadagnato da vivere scrivendo centinaia di romanzi di fantascienza.

Volendo tratteggiare a grandi linee il concetto alla base delle filosofia di Scientology, si potrebbe definirlo come l’intenzione di liberare gli individui dai loro traumi psichici attraverso costose sedute (Auditing) dove il paziente rivela a un consulente (Auditor) tutti i dettagli più intimi e privati della sua esistenza, mentre viene collegato a una macchina che dovrebbe servire a misurare le variazioni di energia mentale. Scopo principale di queste sedute è portare l’individuo, attraverso una serie di livelli, a uno stato di completa liberazione (Clear) dai ricordi dolorosi del loro passato. Fino a qua sembrerebbe niente più di una versione semplificata, e apparentemente meccanica, della terapia freudiana, se a un certo punto non venisse tirato in ballo anche il mito della creazione descritto da Hubbard, che comprende guarda caso alieni,viaggi nello spazio, pianeti sconosciuti nonché memorie di innumerevoli vite precedenti.

Inizialmente concepito come teoria psicoanalitica, Scientology diventa una religione per poter godere dell’esenzione fiscale, dando poi vita a un intenso rapporto con Hollywood in forma di continuo reclutamento di fedeli, ma la sua profonda ambiguità strutturale – è un’organizzazione no profit con un patrimonio immobiliare di circa tre miliardi di dollari – ha da sempre dato adito a polemiche e condanne. Il film di Alex Gibney raccoglie, fin dalla storia di Hubbard, tutte le contraddizioni le bugie e le malefatte dell’organizzazione: ed è questo, un compito che Going Clear: Scientology e la prigione della fede si assume senza paura di sembrare drammatico, e perfino spaventoso fino all’incredulità. Tesi del film è infatti che Scientology operi una profonda manipolazione sulle persone che vi si rivolgono, rendendole mentalmente dipendenti, pur senza nessuna remora nel tormentarle e metterle a tacere qualora inizino ad avere qualche dubbio in proposito. Numerosi ex credenti – tra cui anche il premio Oscar Paul Haggis - intervengono a testimoniare in prima persona tali violenze: si tratta di racconti agghiaccianti, colmi di sofferenza e vergogna per la propria debolezza.

Abusi, persecuzioni, deliranti professioni di fede, tutto ciò non può che far portare lo spettatore alla conclusione che si tratti di un gruppo di pazzi paranoici, se non fosse che anche le principali religioni su cui si è fondata la cultura occidentale presentano narrazioni che solo la fede può spingere il credente a non considerare assurde. La sola differenza è che Scientology è un culto moderno, nato sessant’anni fa, in circostanze ben documentate: Going Clear: Scientology e la prigione della fede , risulta così, al di fuori della narrazione precisamente contestualizzata, una più generica rappresentazione in scala delle dinamiche organiche e spirituali di qualsiasi fede religiosa. Se dunque sarebbe facile abbandonarsi all’incredulità, ascoltando persone alla ricerca di super poteri mentali, basta poggiare lo sguardo sui medesimi meccanismi presenti in culti ben più famosi e accettati: la soddisfazione del bisogno di non essere solo dell’essere umano, la promessa di una Verità, la controrichiesta di un’attenzione e dedizione praticamente totali, e il conseguente annullamento di una determinata porzione di razionalità. Il crescente senso claustrofobico presente nel film è allora il suo elemento maggiormente significativo: ciò che sembra incredibile e assurdo a prima vista è, in fondo, quotidianamente professato in altri modi da milioni di persone nel mondo. Che si tratti di alieni o resurrezioni, alla fine è cosa di poco conto.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 26/06/2015

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