Il nuovo cinema di Hong Kong – Voci e sguardi oltre l’handover
Nuovo passo avanti di quel percorso compiuto da Bietti Heterotopia tra invito alla scoperta e approfondimento critico
Per chi ha iniziato a studiare, scrivere e parlare di cinema solo di recente, la possibilità della scoperta, del ritrovamento avventuroso, magari casuale, di decine e decine di film appartenenti ad una cinematografia prima sconosciuta, è un’emozione che si può rivivere solo sul piano soggettivo, della scoperta personale. L’iper-connessione contemporanea infatti rende quasi impossibile immaginare la gioia e l’emozione collettiva, il fervore e l’entusiasmo di una generazione di cinefili alla scoperta comune di un nuovo cinema tutto da svelare.
Come rievoca Olivier Assayas nella sua preziosa ed intima introduzione, tutto iniziò nei primi anni Ottanta, quando “la Cina all’improvviso è apparsa nella coscienza di noi cinefili”, una comparsa dovuta al lavoro pioneristico di studiosi come Marco Müller, e da lì fu solo l’inizio di un’indagine che si estese presto agli altri paesi vicini (ad esempio con Adriano Aprà e gli anni novanta fu la volta della Corea del Sud). Il primo e più evidente aspetto di questo Il nuovo cinema di Hong Kong – Voci e sguardi oltre l’handover è allora proprio la capacità di Stefano Locati ed Emanuele Sacchi di rievocare l’emozione per la scoperta, la bellezza dell’innamoramento per un mondo prima sconosciuto e che si rivela ora una preziosa sede di opere meravigliose. Per chi viene dopo invece, testi come questo (si fa per dire perché in italiano una pubblicazione simile è oggi un vero e proprio unicum) permettono di riesumare quello sguardo vergine che fu dei primi spettatori e di godere della loro capacità descrittiva, ordinatrice e di ricerca, una forza divulgativa ed esplorativa tale da rendere questo libro lo strumento perfetto per un nuovo innamoramento e una nuova indagine, non più collettiva ma di certo ancora foriera di emozioni.
Approcciarsi oggi ad un argomento come questo richiede anzitutto il confronto con una problematica evidente, un elefante nella stanza che i due autori affrontano senza indugio: è ancora fruttuoso oggi, dopo la crisi post-handover, studiare il cinema di Hong Kong o si rischia un esercizio di necrofilia intellettuale? La risposta, chiaramente positiva, è rappresentata dal libro stesso, dal suo insieme di contenuti ricchi per varietà e qualità, ma soprattutto risiede in un attento studio di ciò che è accaduto a quella città-stato che è stata capace di diventare una vera e propria città-cinema, un luogo che è sembrato ergersi dalla celluloide di un’industria che è rimasta per anni tra le più ricche e produttive del mondo. Il valore del testo allora sta nel tentativo di comprendere la natura della crisi che ha afflitto questo cinema e di andare oltre, per guardare ai rapporti in via di trasformazione tra Hong Kong e il neo-genitore cinese, la cui industria è entrata inevitabilmente in relazione con quella cantonese (come ad esempio nel tentativo cinese di sfruttare il patrimonio wuxia di Hong Kong aggiornato alle nuove tecnologie per formare una propria forma autoctona di blockbuster). Del resto, come scrive Assayas, Hong Kong è stato e continua ad essere il laboratorio della modernità cinematografica cinese, “la sfera di cristallo in cui leggere il futuro del cinema cinese”.
Riguardo la crisi e l’handover la tesi portata avanti da Sacchi e Locati è precisa ed espressa con chiarezza: a causare il crollo artistico, produttivo e distributivo del sistema non fu l’handover in sé, ma “un insieme di concause, non tutte collegate all’evento e molte delle quali antecedenti”. Il 1997 anzi può esser visto come un vero e proprio anticlimax, dopo il quale poco o nulla venne stravolto. La temuta apocalisse non arrivò, ma anni di pessimismo fatalista misero in moto meccanismi dall’esito disastroso, logiche per il brevissimo periodo che unite al calo degli spettatori e alla generale crisi dei mercati del sud-est asiatico furono gli ingredienti di un mix quasi letale. Ma quasi è la parola chiave, quella che appunto permette a questo testo di andare oltre l’autopsia di una morte tragica. Dalla crisi il cinema di Hong Kong ha fatto molti passi in avanti, è mutato in relazione ad essa e al mercato cinese, alla globalizzazione e ai nuovi gusti dei suoi spettatori, in una trasformazione ancora totalmente aperta e che rappresenta oggi il grande banco di prova per un cinema che potrebbe evolvere rimanendo comunque sé stesso. L’auspicio dei due autori è allora quello di guardare alla nuova vita dopo l’handover, studiare l’inevitabile periodo di assestamento per guardare con maggior consapevolezza al futuro.
Il testo di Locati e Sacchi – uscito l’anno scorso in concomitanza non casuale con l’edizione annuale del Far East Film Festival e strettamente connesso al lavoro svolto da anni dal portale Hong Kong Express – si colloca con estrema naturalezza in quel percorso editoriale portato avanti in questi anni dalla casa editrice Bietti, che con la sua collana Heterotopia si sta dimostrando uno degli spazi più preziosi per chi ama leggere ed approfondire il cinema. Così come fu per il simile e precedente La bomba e l’onda di Andrea Fontana, anche Il nuovo cinema di Hong Kong non vuole offrire una lettura critica definitiva sull’argomento, bensì farsi guida e strumento di ricerca personale per gli appassionati e i neofiti, un’intenzionalità che appare palese se guardiamo all’indice dell’opera. Ad una prima parte introduttiva, un brillante saggio a quattro mani in cui si recuperano le fila del discorso per guardare avanti alle nuove evoluzioni, segue la sezione più corposa, una raccolta di 250 schede di film scelti per offrire una panoramica essenziale del cinema di Hong Kong dall’handover del 1997 ad oggi, non un best of ma una raccolta ragionata e critica che permetta il recupero tanto di opere fenomenali quanto di quelle necessarie per comprendere i cambiamenti occorsi e le sfide affrontate.
A questa segue una preziosa raccolta di interviste ai grandi protagonisti del cinema hongkonghese del periodo, dopo la quale chiude il volume (assieme a strumenti fondamentali come glossario, bibliografia, filmografia ragionata) uno spazio collettivo dedicato al cinema pre-handover, un insieme di contributi di esperti e studiosi del cinema di Hong Kong cui è stato chiesto di recuperare quel film che li hanno fatti innamorare definitivamente di tale cinematografia. Il risultato è un’ulteriore compagine di titoli e suggestioni che contribuisce a fare del testo uno strumento estremamente utile per chi vuole approfondire questo splendido cinema o immergersi per la prima volta nelle sue spire.