È arduo decidere di cosa denunciare in commedie malferme come Insieme per forza: se di ingenuità, calcolata incapacità o voglia di tenere il piede in due scarpe, unendo due ingredienti che mal si amalgamano come la profondità emotiva e la risata talmente grossolana, stantia e volgare che potrebbe nauseare perfino chi nei film cerca solo evasione. Non si sa come giudicare altrimenti questo strano miscuglio di piccoli dettagli anche toccanti in mezzo a riferimenti sessuali che a parte il gruppo di spettatori di giovine età o dubbio gusto, dovrebbero aver perduto ogni possibilità di scuotere chi guarda. Voglia di portare a casa il risultato discolpandosi allo stesso tempo di ogni accusa di superficialità, forse? Resta il fatto che la trama, che di per sé non è già delle più originali – due persone che apparentemente non si sopportano imparano ad amarsi una volta costretti a passare del tempo assieme – sembra contenere alcuni sparuti tentativi di approfondire i personaggi che o, sono stati abbandonati in seguito per stanchezza o stanno lì solo per rivendicare di aver davvero provato a scrivere una storia autentica.
Jim e Lauren si incontrano ad un appuntamento al buio, camminando ognuno sulle macerie della propria vita precedente: lui vedovo alla prese con tre figlie, lei divorziata con due ragazzini scatenati. Al primo confronto si detestano. Qualche tempo dopo, per un fortuito caso del destino decidono entrambi di approfittare della rottura sentimentale di un’amica di lei per usufruire al posto suo di una splendida vacanza già pagata e senza volerlo si ritrovano insieme, con i figli, in Africa, a condividere la stessa stanza dello stesso albergo. Dopo i primi attriti i due genitori iniziano a scambiarsi consigli sull’educazione dei figli – Lauren non sa gestirne l’iperattività, mentre Jim sottovaluta la femminilità della primogenita adolescente vestendola con tute e magliette enormi – e a godersi l’Africa turistica così come probabilmente amano immaginarla in patria gli americani: balli tribali, richiami alla disinibizione, animai selvaggi e una costante atmosfera di festa. Tutto qui, Insieme per forza: confusione e battute a sfondo sessuale, repentino cambiamento del proprio giudizio e innamoramento istantaneo, figli in lotta che imparano a stare uniti e dopo false partenze, illusioni ed equivoci, una finale gioiosa riconciliazione che celebra la possibilità per chiunque di ricominciare daccapo. Tutto molto banale, approssimativo e poco sincero, se non fosse per alcuni particolari che sembrano indicare una tentata seconda scrittura più elaborata, come l’incapacità della secondogenita di Jim di accettare la morte della madre, finendo per parlarle e assegnarle uno spazio fisico reale in ogni posto. In secondo luogo, il problema moderno delle famiglie allargate, dell’imparare a gestire figli e genitori non propri, e concedere a perfetti sconosciuti l’intimità che era prerogativa dei propri cari. Piccoli lampi di sentimento reale che si spengono nel generale appiattimento verso il basso della storia, perché più che parlare del mutamento delle relazioni familiari al giorno d’oggi, c’è bisogno di far ridere il pubblico nel numero più ampio possibile, toccando tutti i tasti che per esperienza, statisticamente, ispirano una generale ilarità. Che poi ben venga qualche momento di seriosa riflessione, di pacata delicatezza: tutto può servire per non aver poi l’idea di aver perduto il proprio tempo, uscire dal cinema e potersi convincere che “in fondo, dai, non era un film troppo stupido”.