Inmusclâ
L'ultimo mediometraggio di Michele Pastrello è un viaggio visionario nella psiche di un io ferito tra le asperità di una natura algida e ostile, scandito dal lirismo della poetessa clautana Bianca Borsatti.
«Tanto tempo fa mi addentrai in un bosco munifico e mi ferii». Versi dalle reminiscenze dantesche della poetessa Bianca Borsatti aprono Inmusclâ, ultima opera fieramente indipendente di Michele Pastrello presentata all’Edera Film Festival e ora disponibile su CHILI. Anche qui «la diritta via» smarrita dalla protagonista (Lorena Trevisan) rimanda a un percorso interiore. Anche nel mediometraggio di Pastrello, l’errante figura femminile, priva però di un Virgilio che orizzonti l’impervio snodarsi del suo vagare, deve fari i conti con selve, colli e asperità dal valore allegorico, in cui lupi e demoni sono però prima di tutto affioramenti psichici di un passato irrisolto e quindi destinato a tornare. Inmusclâ è infatti un viaggio visionario nella psiche di un io ferito alla ricerca di sé, teso alla riconciliazione con un rimosso che in quanto tale non può che riemergere ostinato come alterità frammentaria, in parte familiare ma al contempo indicibile.
In una natura algida e ostile, raggelata tra i boschi e le montagne nei pressi della friulana Claut, la protagonista rincorre ed è rincorsa dalle schegge del proprio passato. Spazio e tempo perdono le loro coordinate, la benda finisce con l’anticipare la ferita che verrà e il movimento sembra frustrato in un loop da incubo. «Esiste un nord?», si chiede la voce over della poetessa che puntella lo smarrimento della donna tra i silenzi e i rumori di un labirinto virtuale a cielo aperto. Il falso movimento così tracciato, e più volte sepolto come orme dalla neve, è lo specchio di una condizione umana universale, la cui impasse sembra forse superabile solo con la fine della fuga dal proprio dolore, senza però che si abbia la certezza di essersi per sempre liberati dei propri fantasmi. In questa erranza onirica, la fisicità di corpi, spazi ed elementi naturali è centrale. Il talento di Pastrello emerge soprattutto nella capacità di riplasmare il dato materico in chiave psichica, senza sacrificare il primo in funzione della seconda. Tornando per un momento alla suggestione iniziale, come nel poema dantesco la materia conserva infatti la propria corporeità, anche se configurata come elemento metafisico e allegorico. La ferita della carne dà letteralmente corpo a quella dello spirito, il muschio cristallizzato sulla ruvida corteccia è la manifestazione aptica di un’infestazione interiore che trova piena realtà nell’elemento naturale (lo stesso titolo del film si potrebbe tradurre come «infestato dal muschio»). Il fluido indugiare della macchina da presa su carni e superfici, sulla scorza di una natura inospitale, assieme all’articolata componente sonora nutrita dalle voci del bosco e della montagna, danno così forma al territorio dell’anima, ai suoi recessi e ai suoi traumi.
In Inmusclâ il legame indissolubile tra l’io e il suo ambiente, e quindi tra essere e materia, è espresso del resto a partire dalla scelta della lingua clautana, una variante del friulano parlata dai pochi abitanti di una manciata di paesi della Valcellina, qui liricamente vivificata dalla voce della poetessa ottantenne Borsatti e dai suoi versi. Una soluzione che sottolinea il radicamento profondo a luoghi e ambienti dello sguardo interiore di chi ne fa parte, quello stesso sguardo che plasma la sostanza e ne è da esso plasmato. Ma, in ultima istanza, la scelta del clautano, rappresentativa di una specifica minoranza culturale, sembra anche riflettere l’idea di un cinema, quello di Pastrello, da sempre pertinace nella propria resilienza minoritaria, nella scelta di restare sempre e comunque fedele a sé stesso, pur a costo di intraprendere la ripida strada dell’autoproduzione. Una scelta di libertà espressiva che si traduce con un cinema fuori dai consueti schemi narrativi e rappresentativi, come lo stesso Inmusclâ, il quale trova nell’aderenza alla visione personale dell’autore un equilibrato connubio tra visionarietà, lirismo e riflessione esistenziale.