Il Monte delle Formiche
Tra entomologia e riflessioni filosofico-esistenziali, un film per e sulla Natura caratterizzato da un approccio poetico più che antropologico
Sul monte delle Formiche, nell’Appennino bolognese, ogni anno attorno all’otto settembre – giorno della nascita della Vergine secondo la tradizione – avviene un fenomeno incredibilmente curioso: interi sciami di formiche alate migrano, da ogni parte, verso la vetta del monte, dove si accoppiano per poi morire ai piedi di un santuario qui edificato, probabilmente, attorno all’XI secolo. L’immagine della Madonna all’interno della chiesa e il distico latino che la accompagna (Centatim volitant formicae ad Virginis aram quo que illam voliant vistmae tatque cadunt, ansiose volano le formiche all’altare della Vergine, pur sapendo che ai suoi piedi moriranno) testimoniano che secondo le credenze popolari questo insolito fenomeno naturale è sempre stato percepito come un evento mistico e considerato, nello specifico, un omaggio dei piccoli insetti alla figura della Vergine. Fin dal ‘400, del resto, il santuario veniva chiamato "Santa Maria Formicarum" e ancora oggi le formiche morenti vengono raccolte su enormi teli bianchi e poi chiuse in piccoli sacchetti, perché porterebbero fortuna e avrebbero un potere guaritore.
Riccardo Palladino, già autore del documentario Brasimone dedicato all’omonimo lago emiliano, è uno scopritore di luoghi, un poeta ispirato che miscela la geografia del territorio a quella dell’immaginazione e della leggenda, confrontando tradizione e modernità ma senza il piglio freddo e distaccato dell’antropologo, piuttosto con lo sguardo estasiato e lieve di chi cerca, nello spettacolo misterioso e meraviglioso della natura, una vera occasione di contemplazione e astrazione. Procedendo con disinvoltura in questa direzione, muovendosi al confine tra una fenomenologia delle cose tutta documentaristica e un afflato profondamente lirico, il regista lascia che la macchina da presa esplori boschi e cieli, racconti i giochi dei bambini e i rituali degli adulti, e infine osservi il vivere complesso e stupefacente di questo minuscolo insetto sociale protagonista del film, la formica.
Tra entomologia, scienza e riflessioni filosofico-esistenziali, Palladino si serve dei contributi di autori assolutamente diversi tra loro fondendoli assieme in un unicum perfettamente coerente sia in se stesso sia rispetto alle immagini: Die Natur (1783) dello scrittore svizzero Georg Christoph Tobler, posto in apertura come una limpida dichiarazione di intenti; La vita delle formiche (1930), ultimo libro della trilogia naturalista dello scrittore belga Maurice Maeterlinck; infine Le prigioni di Stato, dell’intellettuale italiano Aldo Braibanti che fu, non a caso, anche un esperto mirmecologo.
Il Monte delle Formiche è dunque un film per e sulla Natura, nel quale trascendenza e immanenza non vengono letti come elementi antitetici: quasi a richiamare la filosofia di Ralph Waldo Emerson tanto cara al texano Terrence Malick - che della descrizione poetica della natura è indiscusso maestro cinematografico – il film di Palladino situa il senso profondo dell’essere dentro le cose, ricongiungendo spirito e materia, forma e sostanza, mente pensante e corpo senziente. Le formiche che si muovono in modo mirabilmente coordinato come atomi disgiunti facenti parte però della stessa entità, metafora del corpo umano, somma di parti che agiscono all’unisono per formare un unico armonico organismo; la vita che pulsa allo stesso modo in ogni singola cellula, sia essa vegetale, animale, umana; l’infinitamente grande che si rispecchia eternamente nell’infinitamente piccolo: il documentario di Palladino, oggetto luminoso, vaporoso e traboccante, riesce a porre in atto una fascinosa riflessione su tutto questo, con incredibile levità e fortissima immediatezza.