Brasimone
Un luogo, la sua storia, il suo presente: un lago artificiale nel quale anche il “mostro” che lo abita è opera dell’uomo
Giovane regista originario di Terni, Palladino ha studiato cinema al Dams di Bologna. Proprio in Emilia-Romagna si trova il bacino del Brasimone, lago artificiale al quale dedica un breve mediometraggio teso tra riflessione poetica – toccata da un certo senso di nostalgia, complici i molti filmati d’archivio utilizzati – e indagine documentaristica. A confine con la Toscana, all’interno di una zona che dal 1995 è una riserva naturale, il bacino artificiale del Brasimone venne ultimato nel 1911. La diga delle Scalere, che contiene e argina l’acqua del lago, è una delle migliori in Italia non solo per l’impianto ingegneristico ma anche per il basso impatto ambientale: costruita con pietre del luogo, ha il pregio (davvero raro) di integrarsi discretamente con il paesaggio circostante, senza deturparlo.
Lo stesso discorso non vale purtroppo per l’imponente costruzione che sorge sulla costa sud-orientale: quello che oggi è il Centro Ricerche dell’ENEA nasce negli anni ’60 come centrale nucleare, salvo poi dover subire un processo di riconversione in seguito al devastante incidente di ?ernobyl’ negli anni ’80 e alle inversioni di tendenza rispetto all’utilizzo dell’energia nucleare in Italia.
Ma negli Sessanta le rive del lago erano anche un’ambita e popolare meta balenare; nell’Italia del boom la zona del Brasimone si trovò quindi alle prese con un’ondata turistica senza precedenti.
Che cosa resta oggi di questi frammenti di storia? Che cos’è oggi il Brasimone? Riccardo Palladino prova a raccontarlo con un collage di immagini e suoni (mostrando molta attenzione anche nella scelta delle musiche lievi e delicate), alternando immagini di repertorio e riprese girate ex-novo per il film, di cui è protagonista, per così dire, la piccola Sharon, che si annoia a fare gli esercizi di matematica, preferendo di gran lunga fare il bagno nel lago con le amiche.
Brasimone è tessuto con una trama sottile, fatto di immagini a volte fugaci e quasi impalpabili: i giochi allegri dei bambini, la pesca, le ore trascorse a prendere il sole e guardare lo specchio d’acqua argenteo e luminoso sotto gli ultimi raggi del sole. Da una parte la calma ammaliante delle onde, dall’altra il frastuono disturbante del lavoro in quella che, in ultimo, non è mai diventata una centrale nucleare. Dall’inizio del secolo scorso ai primi anni del nuovo millennio, per fotografare cosa cambia e cosa invece resta uguale.
Come suggerito nelle note di regia, e come affermato da un uomo che, seduto sulla riva del lago con carta e penna, dedica una vignetta spiritosa al panorama che vede, ogni lago che si rispetti deve avere il suo mostro. Quello del Brasimone è un mostro artificiale come lo stesso bacino idrico, e se ne sta solitario e pigro sulle sue rive, a fissare l’acqua mai immobile come fanno i bagnanti. L’edificio dell’ENEA, mostro di cemento, porta in sé un presagio ambivalente (progresso e benessere, o inquinamento e pericoli ambientali?); è un’architettura stranamente futuristica immersa nel verde della Natura senza tempo.
Ma Palladino, con occhio discreto e senza fare alcun rumore, si limita a osservarlo, contrapponendo alla sua ingombrante presenza la placida bellezza del paesaggio, che forse più di ogni altra cosa attira su si sé l’obiettivo vigile della macchina da presa.
Presentato in diversi festival (Visioni Fuori Raccordo, MedFilmFestival, Visions Du Reel) Brasimone è un progetto di cui il regista cura personalmente molti aspetti (anche fotografia e produzione), una meditazione concisa e curata fatta di visioni spesso suggestive, un sentito omaggio al fascino di un luogo che, attraverso la sguardo del regista, diventa speciale.