Sexual Labyrinth

Un viaggio all’interno del piacere sessuale dal punto di vista di una donna

Nell’analizzare e contestualizzare un film è prassi comune partire dal regista, dal suo stile e dal suo background storico. È un lavoro necessario per comprendere in pieno il significato della pellicola in questione. Nel caso di Sexual Labyrinth, invece, l’analisi è partita dal produttore: Lucio Massa. Lucio Massa (nome che appare come una commistione fra Lucio Fulci e Aristide Massaccesi) nell’ultimo triennio si è rivelato essere figura molto prolifica all’interno del cinema più borderline. Hippocampus M 21th, Violent Shit e Oltre la follia sono stati tutti prodotti da lui. Risulta dunque significativo osservare il percorso del produttore per capire come si è arrivati a Sexual Labyrinth. In Hippocampus M 21th, ad esempio, dietro la macchina da presa figurava un fantomatico regista teutonico, Alexander Fennert, rivelatosi essere in realtà Luigi Pastore, director anche di Violent Shit. Sexual Labyrinth, invece, è diretto da un’altra misteriosa esordiente tedesca che porta il nome di Morgana Mayer. Dunque, Massa dimostra di voler continuare una tradizione tutta italiana. Come Mario Bava che talvolta si firmava con il nome di John M. Old e soprattutto come Aristide Massaccesi che nella sua lunga carriera ha utilizzato più di quaranta pseudonimi (Joe D’Amato era uno di questi), anche Lucio Massa sembra intenzionato a riproporre questo tipo di gioco da un lato per omaggiare e richiamare una stagione di cinema italiano terminata da un pezzo, e forse anche per aprirsi a un mercato di respiro internazionale.

Al di là di questi piccoli rimandi e strizzate d’occhio, Sexual Labyrinth vuole soprattutto essere un omaggio da appassionato al cinema di Fulci, Massaccesi e Cavallone. In uno scenario onirico e minimalista, una donna misteriosa è innamorata di una ragazza che continua a respingerla. All’ennesimo rifiuto però, quest’ultima viene rapita e condotta in un misterioso locale in cui sarà sottoposta con la forza a un viaggio surreale nell’esplorazione dei più profondi e libidinosi piaceri sessuali. Uno degli obiettivi del film è quello di sviscerare gli orrori della società a noi contemporanea attraverso gli occhi di una ragazza che, innamorandosi della sua padrona, trova se stessa e la liberazione sessuale. Sicuramente la tematica del piacere sessuale mostrato da un punto di vista femminile è presente e centrale nel film. Sexual Labyrinth però non mette in scena alcun orrore. Siamo in presenza piuttosto, di un esempio di pura sexploitation, in cui la (o il) regista non bada minimamente alla censura, ma anzi sembra divertirsi proprio nel riproporre in loop sequenze di sesso (più o meno esplicito) mostrando tutti i lati del piacere umano. Nella continua ripetizione di amplessi e rapporti tipica del cinema pornografico hardcore, si evidenzia una notevole povertà di contenuti. Ma se nel porno il rapporto era il centro dell’azione e dell’attenzione, in Sexual Labyrinth gli amplessi sessuali sono mostrati con una forma di disinteresse, quasi a voler fuggire dall’etichetta pornografica, senza però rinunciare agli elementi di sicura presa sul pubblico: i corpi nudi.

Immagine rimossa.

Risulta complicato definire un film come Sexual Labyrinth: difficile perché se l’intento era quello di voler omaggiare il cinema di Fulci, Cavallone e Joe D’amato, Sexual Labyrinth allora manca il bersaglio, e i piccoli easter eggs nascosti e dedicati a questi registi sono ben poca cosa. È presente piuttosto una ben più interessante discorso sulla donna, qui vista come essere dominante sull’uomo. Nei vari episodi in cui il film si suddivide (che ricordano vagamente i gironi del Salò di Pasolini), è la donna la figura su cui focalizzare l’attenzione, soggetto dispensatore di piacere che relega l’uomo a comparsa e figura da sottomettere. Nella suddivisione in episodi (o gironi) è facile leggere una voglia di continuità da parte del produttore Lucio Massa; anche Oltre la follia, nella sua suddivisione in quadri richiamava in qualche modo i gironi infernali, mentre Hippocampus M 21th era un film esplicitamente a episodi, ognuno incentrato su diverse perversioni. Quello che si intravede, insomma, è un percorso, per quanto estremo e borderline, comunque coerente e ben distinguibile, cosa tutt’altro che scontata.

Autore: Giovanni Belcuore
Pubblicato il 07/05/2017

Articoli correlati

Ultimi della categoria