Corea del Sud, Seoul. La macchina da presa sorvola la città e presenta uno scenario dove natura e architettura sembrano convivere in una stessa alchimia. Nessun suono imposto in sottofondo, se non quello della vita quotidiana che scorre come ogni giorno. Dopo la panoramica visione dello skyline della metropoli, la ripresa area cattura il protagonista del racconto: l’immenso quartier generale della Company coreana Amorepacific, azienda cosmetica. Un planare lento ci accompagna verso il ventre della costruzione e poi lo sguardo si adagia dolcemente nell’area centrale, a inquadrare alberi ed acqua rivelando così il cuore pulsante della grande struttura.
Ad attendere lo spettatore c’è Daekwang Lee, fotografo di architettura che, come un moderno Virgilio, lo affianca nel lungo percorso all’interno dell’edificio; e così come un diplomatico francese accompagnava Sokurov all’interno dell’Hermitage di San Pietroburgo alla (ri)scoperta della grande storia russa, anche qui Lee spoglia l’imponente fabbricato, mostrandone la geometria trasparente, la composizione perfetta, i meandri nascosti, le luci – che attraversano le facciate di vetro - e i significati intrinsechi.
La macchina da presa della regista Shirin Sabahi si muove armoniosamente e segue, senza mai interferire, il dialogo immaginifico che si crea tra il pensiero di Lee e la voce narrante dell’architetto inglese David Chipperfield. Tra ascensori, scale mobili, parcheggi, terrazzi e aree ancora incompiute, le parole accompagnano la visione globale delle fasi realizzative della grande, luminosa costruzione.
Vincitore del premio come miglior cortometraggio nella categoria “Films on art” all’Asolo Art Film festival, Landing è un film essenziale e, allo stesso tempo, esaustivo. Pone lo spettatore al centro di un’opera architettonica imponente, accompagnandolo e guidandolo a svelarne l’interno. Sabahi ci invita ad essere parte integrante dei pensieri che accompagnano la visione, condensando nella voce fuori campo le conversazioni avvenute con ben ventisei architetti, e ci fa sentire quasi coautori di questo approfondito studio su un’opera grandiosa, che in un certo senso sposa la natura inglobandola dentro di sé.
La collettività (il gruppo di architetti e i loro discorsi) diventa singolo (Lee che attraversa lo stabile/la voce narrante di Chipperfield che lo accompagna) e l’opera unica (edificio) diventa totalità (Architettura/Natura). Nell’arco di venti minuti, Sabahi attraversa e indaga la struttura da diverse prospettive (verticale, orizzontale, trasversale), componendo con le immagini un nuovo rapporto tra architettura e ambiente, cinema e narrazione.
L’essenza di Landing risiede proprio nel “cuore” dell’edificio: uno spazio verde e silenzioso, dove alberi e corsi d’acqua artificiali dettano un tempo non più caotico e metropolitano, ma palpitante e ritmico e naturale, come intriso di linfa vitale; dove il cemento non vuole più soffocare le radici della natura, ma si affida ad esse per cercare un nuovo, e più armonico, respiro.