Vincenzo da Crosia
Fabio Mollo realizza un documentario che fa dell'amore universale il cuore del racconto
Una storia quella di Vincenzo da Crosia che ha attirato a sé l’attenzione mediatica tra il 1987 e il 1992, una storia legata alle apparizioni mariane avvenute a Crosia negli stessi anni. Una storia che è stata dimenticata, o meglio, che si è cercato di far dimenticare. Fabio Mollo realizza una ulteriore indagine nel suo sud Italia, un racconto che arriva a riempire il vuoto che circonda la parte meridionale della nostra penisola. Il sud è niente, titolava così la sua prima opera il regista calabrese, un luogo dove convergono silenzi, dei rimossi che creano spazi di nulla, di isolazionismo ed omertà. Il passaggio dall’età adolescenziale all’età adulta di Grazia, protagonista del primo lungometraggio, è qui recuperata in una storia che, partendo dal miracoloso cattolico, è la storia di un bambino, prima vittima di abusi sessuali, poi di un santo, divinizzato dall’istituzione cattolica e dai fedeli per poi essere abbandonato, dimenticato per aver avuto il coraggio di aver reso complementare, e dichiarato, il coming of age al coming out. Fabio Mollo in Vincenzo da Crosia riesce ad orchestrare pienamente la grande mole di materiale audiovisivo d’archivio che racconta le gesta ipnotiche, passionali, di Vincenzo; un’opera solamente liminare rispetto ad opere d’inchiesta come il documentario di Alex Gibney, o come l’ultimissima serie Netflix The Keepers, o come il club di Larrain o come il pluripremiato Spotlight. Un documenatrio che non vuole ricostruire per denunciare ma che si apre all’amore umano di un essere vivente, prima di essere deputato santo. Un santo laico in quanto essere umano consapevole della propria umanità. Una dichiarazione d’amore critologica buona a ribadire l’eccezzionalità del sentimento e dell’altruismo di chi, prima ancora di essere il figlio di Dio, era stato un uomo, in carne ossa e sangue. Il valore della testimonianza del mistico crosiota non ha eguali, un documentario unico, toccante, che nasce dal sud, ontologicamente italiano, che scandaglia le zone d’ombra di una fede istituzionalizzata che non riesce ad accettare il prossimo se diverso. Una diversità ben accettata da Vincenzo, abbracciata ed amata. Vincenzo da Crosia è un’opera che fa dell’amore universale il vettore unico di una rappresentazione mistica. Se l’agiografia diventa percepibile nel materiale di repertorio, usato da Mollo al montaggio per raccontare e perlopiù girato da emittenti nazionali, la stretegia del regista di unirlo ad un’intervista frontale del proprio racconto, da adulto dichiarato, di Vincenzo, fatto che incide nel distanziarci dalla facile dimensione agiografica convertendosi in un racconto universale sull’amore in tutte le sue definizioni, in tutti i suoi colori e in tutti le sue più libere espressioni. Un inno alla libertà lontana da dogmi, stigmatizzazioni, e dottrine. Da recuperare per lasciarsi emozionare.