Years and Years
Le paranoie del presente e la vertigine del futuro nella nuova serie di Russell T Davies.
Si è da poco conclusa su BBC One la prima stagione di Years and Years, serie in 6 episodi firmata da Russell T Davies. Classe 1963, Davies è stato l’head writer di Doctor Who per 4 stagioni, nonché il creatore di Torchwood, Queer As Folk, Cucumber e molto altro. In Years and Years l’autore inglese sovrappone due aree in cui eccelle: il racconto di storie queer e la fantascienza. Sebbene sia facile definire Years and Years come un “nuovo Black Mirror”, il taglio scelto da Davies è più socio-politico che tecnologico: lo show è una saga familiare che inizia nel presente ma salta rapidamente nel futuro prossimo, percorrendo 15 anni di storia possibile. Seguiranno spoiler sui contenuti della stagione.
La prima cosa che possiamo notare è come Davies riesca a smarcarsi da quel moralismo anti-tecnologico che per anni ha contraddistinto la serie di Charlie Brooker. Years and Years mostra con precisione le resistenze psicologiche dei non nativi digitali davanti alla possibilità di una vita da cyborg, ma non costruisce il suo cautionary tale attorno a questo elemento. L’intuizione più felice di Years and Years è infatti quella di focalizzarsi sul tramonto delle democrazie occidentali: mantiene un punto di vista scettico sulle possibilità del transumanesimo ma la tensione da techno-thriller presente nel pilot si rivelerà una falsa pista. La tecnologia di Years and Years è uno strumento neutrale, sprovvisto di un intrinseco valore etico, che dipende solo dall’utilizzo estremamente variabile che ne fanno gli umani.
Le influenze di Years and Years sono prossime all’immaginario di film come I figli degli uomini di Alfonso Cuarón mentre la struttura del racconto è piuttosto originale, pur rimanendo ancorata a elementi classici. La serie evita una narrazione smaccatamente incentrata sui personaggi, descrivendo i suoi protagonisti con pochi tratti e mettendoli a confronto con la Storia in un racconto corale in cui gli eventi si susseguono a velocità vertiginosa. Ma è pur sempre una saga familiare: lo spaccato di Regno Unito che seguiamo è quello filtrato dall’esperienza della famiglia estesa dei Lyons, formata da 4 fratelli e sorelle, i relativi congiunti e la nonna matriarca.
Years and Years usa grandi semplificazioni per raggiungere i suoi obiettivi. Lo fa in modo consapevole, accumulando eccessi sulla base della sua tacita premessa: sembra dirci che qui troveremo tutte le nostre paranoie, nessuna esclusa. Ogni singolo evento e ogni scena devono contenere un elemento futuribile i cui germogli siano già visibili nel nostro presente. E quindi ci troviamo di fronte alle conseguenze della Brexit, a una gig economy spietata e a un’automazione che non si mette al servizio del benessere umano. E poi ancora, supervirus, alluvioni e blackout. Sullo sfondo l’ascesa al potere dell’imprenditrice Vivienne Rook (Emma Thompson, più convincente che mai), leader del partito populista Quattro Stelle, personaggio ispirato ai vari Trump, Le Pen e Farage, i trickster che hanno imparato a usare social media e intrattenimento, secondo Davies.
Ma anche Davies sa come intrattenere e come fregarci. Years and Years parte travestito da Black Mirror, mettendo in evidenza la vicenda dell’aspirante transumana Bethany Lyons (Lydia West) e facendoci credere che sarà un elemento primario dello show. Nel pilot, la storia si focalizza su un punto di vista conservatore, quello dei suoi genitori – ultraquarantenni a cavallo tra Gen X e Millennial – terrorizzati dal coming out della figlia. La puntata è costruita per farci provare la stessa diffidenza davanti a una trasformazione che è presentata come inequivocabilmente sinistra. Bethany del resto si nasconde dentro a degli agghiaccianti filtri ispirati a Snapchat e nell’episodio successivo rischia di perdere un occhio in una clinica clandestina che truffa i transumani. Il colpo di scena è quindi la progressiva accettazione della sua identità da parte dei genitori. La famiglia di Bethany non comprenderà mai del tutto la sua natura, ma questo non è più un problema, arrivati al finale di stagione, anzi: le facoltà transumane di Bethany, già pienamente accettate dai Lyons, si rivelano fondamentali per risolvere la storia.
Con l’avanzare della trama, si capisce che il punto nevralgico di Years and Years è la vicenda del rifugiato gay Viktor (Maxim Baldry), fidanzato di Danny Lyons (Russell Tovey). La loro odissea non finisce mai di angosciare perché è tragicamente ancorata al presente e non a un futuro ipotetico. Con la parabola di Victor e Danny, Davies ci racconta le leggi sull’immigrazione già esistenti nel Regno Unito, ci parla della sorte di chi scappa dai regimi, di persone sequestrate dai paesi ospitanti, private dei diritti civili, detenute e spostate come oggetti. Questo non è solo il futuro, ma anche il presente e il passato, come la serie si premura di ricordarci.
Il dramma delle attraversate clandestine è il picco della stagione, a cui però fanno seguito sviluppi ancora più forti. La gestione dell’immigrazione nel regno di Vivienne Rook viene usata per raccontare la formazione di una nuova banalità del male. Sfruttando il personaggio tragico di Stephen Lyons (Rory Kinnear), al pubblico viene proposto un orrore ancora più grande di quello precedente – secondo il ritmo in perenne crescendo che caratterizza lo show. Stephen è un nuovo nazista, asservito a un regime che in segreto ha creato dei campi di concentramento. Lo snodo narrativo è sottolineato da un discorso di Vivienne Rook, che rivendica l’invenzione dei campi da parte della Gran Bretagna nel suo passato coloniale in Sudafrica.
Years and Years non è un Black Mirror: non ci sono schermi da incrinare, perché non è (solo) attraverso le nuove tecnologie che il Male infiltra il mondo. Dopo una stagione devastante, Davies ci offre un finale pieno di speranza rivoluzionaria, in cui non sono gli schermi a essere infranti, ma le barriere che rinchiudono i corpi tangibili delle persone. I cattivi soccombono, qualcuno cerca la redenzione, mentre sono le figure femminili della famiglia Lyons a stagliarsi positivamente su un orizzonte futuribile in cui, forse, grazie alla tecnologia sarà possibile essere immortali.
In conclusione, Davies firma sei puntate che si scapicollano fino alla fine lasciando senza fiato. Col suo incedere inesorabile, col suo umorismo beffardo e nerissimo, con la sua consapevolezza del presente, Years and Years è la serie di fantascienza che ci meritiamo nel 2019.