You

Berlanti e Gamble decostruiscono la rom-com tradizionale in uno show che si dimostra di gran lunga più interessante sul piano meta-testuale che su quello più propriamente diegetico.

You - serie tv netflix berlanti

Negli ultimi anni la commedia romantica è stata teatro di (auto)rivolgimenti e ridefinizioni senza dubbio più importanti rispetto a quelli che hanno subito altri generi televisivi. Diversi show (e non pochi davvero ben riusciti) come Crazy Ex-Girlfriend, Love o Forever si sono cimentati piuttosto esplicitamente in una minuziosa e lucidissima decostruzione degli schemi, delle figure e dell’ideologia del genere così come si era consolidato nella sua forma “classica”. La nuova “serie-fenomeno” creata da Greg Berlanti (Riverdale e Le terrificanti avventure di Sabrina, per citare solamente i lavori più recenti) e Sera Gamble (Supernatural, The Magicians) per Lifetime (per poi venire accalappiata quasi istantaneamente da Netflix) sembra voler tenere lo stesso tipo di discorso distorcendo la più classica delle impalcature della rom-com (un ragazzo si innamora a prima vista di una bella ragazza e si ripromette di conquistarla) fino a farla diventare un disturbante thriller psicologico dalle tinte orrorifiche.

Pur prendendo avvio da una fonte letteraria (la serie è tratta dall’omonimo romanzo del 2014 della scrittrice americana Caroline Kepnes, il primo di una trilogia), la serie non ha, invero, nessuna difficoltà (tanto vasto è il suo obiettivo) a trovare nel cinema e nella televisione i riferimenti cui indirizzare il suo commento iconoclasta. You pesca, allora, a piene mani dalle più tradizionali delle situazioni romantiche (dal colpo di fulmine in apertura fra una ragazza e un giovane libraio come in Nothing Hill, alla sindrome di Stoccolma, alla retorica del ragazzo bravo e intelligente legittimato ad inseguire la ragazza “perché sa meglio di lei cosa le serve” tipica di film come 500 giorni insieme) per prendersene gioco e distanziarsene criticamente. Intelligente (e piena di strizzate d’occhio) è anche la scelta del cast, e su tutti sicuramente di Penn Badgley il cui personaggio sembra una deformazione satirica del suo Dan Humpfrey in Gossip Girl – lo stesso si potrebbe quasi dire anche del personaggio di Shay Mitchell rispetto al suo ruolo in Pretty Little Liars – che permette così di far risuonare all’orecchio dello spettatore anche tutto un immaginario legato all’universo del teen drama.

Attraverso la contaminazione dei registri, quindi, e un uso consapevole della voce fuori campo e del punto di vista narrativo, You si prende gioco delle situazioni subito dopo averle inscenate e dei suoi personaggi subito dopo averli introdotti, raccontando la classica fase del corteggiamento nei toni sinistri dell’ossessione e dello stalking e trasformando gli eroi romantici (e i personaggi secondari) in degli antieroi a tutti gli effetti, tutti rigorosamente deliranti nel loro ostinato convincersi di star vivendo una romanticissima storia d’amore. Uno degli aspetti interessanti è sicuramente il fatto che questa postura così esplicitamente decostruttiva e meta-testuale permette di creare un effetto di spaesamento rispetto alla tradizionale narrazione della romantic comedy, uno slittamento che lo spettatore bendisposto può cogliere come un’opportunità di distanziamento per dar vita ad uno spazio di riflessione sui macismi, le violenze ed i sotterfugi del racconto tradizionale.

Tuttavia, per quanto tutti questi elementi rendano il pastiche di You piuttosto interessante e ben cadenzato dal punto di vista tematico e referenziale, c’è anche da dire che, fatta astrazione della sua portata ideologica, non vi rimane, purtroppo, molto da salvare: i personaggi principali sono costruiti essenzialmente come delle esagerazioni, delle caricature o, nel più interessante dei casi, come delle storpiature dei loro modelli di riferimento, ma dimostrano di avere davvero poco da dire al di là della loro funzione metanarrativa e non riescono a dimostrarsi abbastanza carismatici o interessanti da poter reggere da soli i momenti di transizione da un picco di tensione e l’altro; i personaggi secondari si accontentano di venir appena abbozzati o tutt’al più costruiti in modo stereotipato (su tutti le amiche di Beck) ad eccezion fatta, probabilmente, del personaggio della migliore amica la cui parabola sarebbe potuta, però, esser sviluppata meglio (specie guardando al lavoro fatto dal Ryan Murphy di American Crime Story: The Assassination Of Gianni Versace sulla psicosi derivante da un’omosessualità repressa o mal riappropriata); l’intreccio, infine, sembra troppo volentieri sacrificare credibilità o costruzione significativa delle situazioni in favore delle svolte di trama o del cliffhanger facile.

You sembra, in definitiva, perpetuare una tendenza piuttosto ricorrente in una certa televisione recente molto metatestuale e molto politicizzata, ovvero il rischio di appiattire irrimediabilmente l’estetica sull’etica e di subordinare parte degli aspetti più propriamente diegetici di uno show alla coerenza del suo disegno ideologico (due aspetti che non per forza si escludono, come è chiaro guardando, ad esempio, a due prodotti eccellenti come Jane The Virgin o Crazy Ex-Girfriend).

Autore: Irene De Togni
Pubblicato il 13/02/2019
USA 2018
Durata: 1 stagione da 10 episodi

Articoli correlati

Ultimi della categoria