Normal People
Tratto dal romanzo di Sally Rooney, Normal People bilancia l'assenza del testo letterario con una potenza visiva che amplifica in ogni inquadratura le emozioni dei suoi personaggi, fino a suscitare un coinvolgimento quasi epidermico.
A metà della visione di Normal People sorge un dubbio: ma in fondo, questa ennesima rappresentazione di un amore profondo, ma contrastato da equivoci e differenze sociali, non rischia di essere la solita storia romantica vista e rivista fino al logoramento narrativo? Cosa farne, in uno scenario produttivo già saturo, di un altro racconto di amplessi appassionati e lacrime solitarie, parole fraintese e incomprensioni gioiosamente appianate? Rinunciare a proseguirne la visione sarebbe però a questo punto un peccato, perché la trasposizione televisiva del felice romanzo di Sally Rooney rivela come in ogni storia d’amore ci sia sempre molto più di un semplice umano trasporto. Talvolta l’amore trova nell’amore stesso uno spazio che è poco assai se confrontato a tutto ciò che porta con sé: il passato di chi si innamora, le sue ferite e le sue speranze, i difetti e le parti migliori, tutto mischiato insieme in un percorso che dice molto più della vita che del solo sentimento.
Come lo stesso titolo anticipa, Marianne e Connell sono due persone normali, ma all’inizio della loro storia non lo sanno ancora. Si incontrano al liceo, dove lei è la figlia studiosa di una famiglia ricca e lui il figlio senza padre di una madre povera che si guadagna da vivere facendo le pulizie (per la madre di Marianne, peraltro). Connell è riuscito a far scivolare sullo sfondo la sua famiglia povera e irregolare, imparando a farsi piacere da tutti con buoni voti, un’ottima reputazione sportiva e la capacità di non dire mai cose fuori luogo; Marianne avverte invece la propria diversità come un marchio irrevocabile, ed è considerata l’allieva strana da prendere in giro. Eppure i due si trovano, si piacciono, non sanno star lontani l’uno dall’altro. Ha inizio dunque una storia di amore e sesso, dal liceo all’università, in uno scambio apparente di ruoli (al college Marianne diviene popolare e piena di amici, mentre Connell si scopre più introverso), dove i due si perdono e si ritrovano fino a scoprire e ad accettare in sé stessi, oltre all’amore per l’altro, la persona che ognuno di loro è veramente.
Il romanzo di Sally Rooney è già di per sé una bozza di sceneggiatura, divisa per scene e salti temporali, ma ciò che manca nell’adattamento televisivo è la descrizione precisa nel libro dei pensieri e delle sensazioni che assalgono i protagonisti. Forse una voce in terza persona fuoricampo avrebbe potuto compensare questa mancanza, ma col rischio di un effetto troppo didascalico. Sono le inquadrature allora ad avere l’assoluto potere narrativo di raccontare le emozioni di Marianne e Connell: a tal punto che ogni inquadratura, ogni gesto, ogni sguardo divengono fondamentali, anche quando sfuggono all’attenzione dei personaggi e sono visibili solo allo spettatore. Ci sono i momenti preziosi in cui i due protagonisti riescono a ritrovarsi in un’occhiata o in una carezza, ma c’è anche tanto tempo sprecato fatto di sensi di colpa e tristezza, parole non dette o fraintese, sguardi nascosti di desiderio o dolore che non vengono riconosciuti. Per quanto possa sembrare ridondante, Normal People pretende di essere vista e ascoltata, perché la sua storia si sviluppa nelle pieghe di continue azioni minime e dialoghi quasi banali, affiancati a preziosi momenti intensi e rivelatori come onde che si increspano decise sulla superficie. Non è qualcosa che si possa guardare distrattamente: o coinvolge del tutto, o probabilmente annoierà a morte chi non ne è stato conquistato.
Man mano che la storia si sviluppa, la ”normalità” che Connell e Marianne inseguono fra periodi di depressione e masochismo, inizia a coincidere col concetto di umanità, perché lungi dal rappresentare una personalità e un’esistenza socialmente accettabili essa finisce invece per racchiudere in sé proprio quella difficoltà di essere sé stessi che accompagna la loro storia d’amore. Come a dire: non sono proprio questo dolore, questo disagio, la vera normalità di tutti? Marianne ha interiorizzato dalla sua esperienza familiare - una madre anaffettiva e un fratello che sfoga su di lei la propria insicurezza con episodi di violenza fisica e psicologica - la brutalità come linguaggio proprio di tutte le relazioni intime, mentre Connell teme di essere rifiutato dalle altre persone e pertanto reprime il proprio carattere fino a cadere, dopo il suicidio di un amico, in un profondo disagio psichico. Eppure anche quando sono lontani, i due riescono a essere sempre presenti e disponibili l’uno per l’altro; ed è nel loro farsi del bene a vicenda, nella loro progressiva maturazione psicologica che tutta la loro storia d’amore si rivela più grande di quel che sembra, poiché è, anche e soprattutto, il racconto di una comune crescita spirituale più forte di qualsiasi separazione.
Se nel 2020 il tema amoroso potrebbe sembrare talmente abusato dal punto di vista narrativo da far ritenere arduo trovare nuovi modi per raccontare i legami sentimentali tra le persone, Normal People dimostra che ogni volta che lo sguardo si pone su ciò che significa essere davvero umani, la ricchezza delle suggestioni prodotta è infinita. Il cinema - e la letteratura - possono continuare a raccontare ancora e ancora l’amore: comunque sembrerà sempre di vedere e ascoltare una storia antica, ma nuova.