Schrader trova il punto conclusivo della sua trilogia sul cinema trascendentale e si concede un momento di straordinaria libertà espressiva, in cui non solo teorizza sui presupposti teologici dei propri maestri ma guarda con commozione alla propria carriera.
Di nuovo nel cinema della colpa e dell'espiazione, a contatto con Bresson, ma questa volta quello di Schrader è un film sul potere delle immagini mancanti, sul loro ruolo all'interno del trauma sociale.