L'estremo controllo formale e la consueta moltiplicazione di vicende e personaggi al servizio di un cinema che sembra adagiarsi su se stesso, e in cui sempre più latita emozione e sorpresa.
Guillermo del Toro rivisita il classico di Collodi ribaltandone totalmente la morale e ripensando il racconto, dando risalto con la stop-motion alla dimensione artigianale e plastica del proprio cinema.
Magistrale esempio di cinema eerie, in cui la riflessione sul potere dell'immagine di risemantizzare lo spazio dialoga con l'esplorazione dolente di un rapporto famigliare costruito sulla necessità di rigenerare la memoria.
Weerasethakul riconfigura l'esperienza percettiva cinematografica facendo slittare lo specifico filmico dalla dimensione ottica a quella uditiva: il risultato è l'incontro sensoriale con gli strati abissali della memoria.
Anderson spinge le sue immagini fino alla radicalità per tentare un discorso di elaborazione del trauma della morte ma paga un prezzo troppo alto: perde il mondo e perde il cinema.
Dietro lo zombie movie più serafico della storia del cinema, Jarmusch racconta la crisi di un'industria culturale che divora sé stessa, naturale continuazione dei morti-in-vita che circondano i vampiri innamorati Adam ed Eve.
L’apocalisse messa in scena da Jarmusch ha il colore della notte e il ritmo monotono della quotidianità, una resistenza alla decadenza dettata da due corpi che traggono forza dal loro amore.