Le celebrazioni per l’Unità d’Italia non si sono esaurite col 2011. Non si sono esaurite, ci auguriamo, perché i 150 anni d’Italia sono stati un motivo – un pretesto – affinché studiosi, letterati, intellettuali e filosofi tornassero a soffermarsi sul percorso sin qui fatto da quel lontano secondo Ottocento, fra luci e ombre, regnanti e dittatori, democrazia e stragi: un’esigenza morale che non può cessare con la terminazione burocratica dei festeggiamenti. In questo lungo filone celebrativo, almeno nel campo audiovisivo, molti contributi sono stati elargiti dai cineasti del nostro Paese, qualcuno per inedia, altri per interesse, altri ancora per profitto, ma molti – la maggior parte, fortunatamente – per sincera adesione alla causa, sia di natura intellettuale, che morale e storica.
Il giro di boa, ad essere sinceri, è effettivamente troppo significativo per mettere a tacere chi, con la “scusa” del centocinquantenario, ha colto la palla al balzo per effettuare una sincera e partecipata analisi su quanto il nostro Paese ha sin qui prodotto e significato, da Mazzini a Togliatti, da Garibaldi a Berlusconi. Un Paese, vale la pena ricordarlo, che ha compiuto in 150 anni dei tragitti culturali, sociali ed economici che molte altre nazioni hanno impiegato il doppio del tempo a completare. Re, dittatori, rivolte, emigrazione, fame, per ritrovarsi poi – appena negli anni ’60 – con una Costituzione che ancora oggi viene presa a modello da altre democrazie avanzate e al quinto posto al mondo fra i Paesi industrializzati. Nondimeno, la questione cattolica, quella fascista, il ruolo culturale e politico delle donne, lo stragismo, la lotta armata, la mafia e le conquiste sociali sono andati ad affrescare in questo secolo e mezzo un quadro assai articolato, narratologicamente avvincente e di raro interesse (con tutte le luci e le ombre che simili percorsi fisiologicamente disegnano) che ha inquadrato questa striscia di terra nel cuore del Mediterraneo come una fra le più rilevanti nazioni europee “post-Rivoluzione francese”.
Andante ma non troppo – 150 anni di storia d’Italia è tutto questo. E se può parer poco, non lo è affatto. Con un incedere didattico di alto respiro e rilievo, Enrico Cerasuolo intervista i più eminenti studiosi europei sulla questione italiana, componendo un mosaico la cui riuscita può dirsi tale nella stessa misura con cui le questioni sono poste: semplici, chiare, coinvolgenti e affascinanti; esse sono riportate allo spettatore attraverso immagini di repertorio, interviste autorevoli, piacere e sapienza affabulatoria a chiudere un cerchio di grande significazione. Il regista compone sapientemente un bricolage fra lo storico e il cronachistico, fra il romanzesco e il realista, restituendo la magnificenza della nostra storia condivisa senza orpelli o velleità artistiche, ma con una chiarezza propria della miglior saggistica, mai elitaria o altezzosa ma sempre – per citare Gramsci, uno degli artefici del nostro bagaglio culturale – “nazional-popolare”. Il tutto, si badi bene, sorretto da una serissima ricerca storica, archivistica e saggistica che innalzano l’opera a grande ipertesto.
Forse il documentario, per la sua natura marcatamente storica ed educativa, non troverà nei cinema il suo luogo d’elezione e le ampie platee lo schiveranno volutamente. Per tutti gli altri, per chi vuole imparare, tornare a ragionare in maniera intellettualmente onesta, ricordare ed esaminare con occhi odierni il nostro comune passato fino ai primissimi anni del nuovo millennio, l’appuntamento è al Nuovo Cinema Aquila di Roma, dove Andante ma non troppo – 150 anni di storia d’Italia verrà proiettato dal 27 febbraio.