Bakuman

L'adattamento firmato da Hitoshi One cattura la magia e l'ambiguità del mondo dei manga e dell'editoria, raccontando una commovente storia di amicizia, sacrificio e trionfo.

Catturare lo spirito di un manga è impresa ardua per il cinema. Il ritmo e la struttura seriale dei grandi fumetti popolari giapponesi, e in particolare quelli dello stile della rivista Shonen Jump, sono un continuo assalto agli occhi e al cuore dello spettatore, un linguaggio di ascese, schianti e trionfi che al cinema rischia di apparire falso, chiassoso, sconclusionato.

Hitoshi One, già autore televisivo e regista di Love Strikes (2011) e Be My Baby (2013), evita la trappola e confeziona Bakuman, uno dei film più riusciti nell’affollato panorama dei cine-manga nipponici.

La storia di Saiko e Shujin è il sogno di milioni di ragazzi giapponesi: creare un manga e sfondare in un mondo sfavillante fatto di fan adoranti, soldi e successo. Saiko disegna da quando era bambino e suo zio è stato il creatore del manga che dà il titolo al film e che ha avuto un breve successo, interrotto dalla spietata concorrenza e dalla sua morte prematura. Shujin, invece, ha il talento della scrittura. I due ragazzi sono ancora studenti delle superiori, ma quando Shujin scopre il talento dell’amico, lo convince a tentare l’impresa. A motivare ulteriormente Saiko è la presenza di una "musa ispiratrice", la ragazza che ha disegnato e adorato dai tempi dell’infanzia.

Saiko e Shujin scoprono presto la dura realtà dell’editoria quando propongono il loro primo fumetto alla prestigiosa Shonen Jump. Una realtà difficile, spietata: molti falliscono nell’impresa, pochissimi riescono a sopravvivere della propria passione e i compromessi artistici sono inevitabili. Superati i primi ostacoli, i due ragazzi riescono a farsi notare da un redattore, ma la loro ambizione li spinge a puntare molto più in alto. Molti successi e altrettanti, cocenti fallimenti accompagnano il loro viaggio fino alle stelle – e il loro rapido ritorno sulla Terra.

Quella di Bakuman è la storia dolceamara di un giovinezza e di un sogno; è un racconto di formazione, tratto da un manga e raccontato come tale. Tutto è in funzione dell’ambizione di Saiko e Shujin, al punto che nel film le figure genitoriali sono del tutto assenti. Il tono della storia è leggero ma non cela gli aspetti drammatici del sogno: sacrificio, instabilità, persino la morte per eccesso di lavoro. La struttura è quella tipica e ricorsiva che i lettori di Dragonball, Kenshiro e mille altre storie conoscono bene: cicli di vittorie e sconfitte che portano sempre più in alto, ostacoli sempre più insormontabili, lotte spietate e successi straordinari.

Amicizia, sacrificio e trionfo: questo è il motto dei protagonisti di Bakuman, che ben riassume le emozioni e situazioni che i lettori di Shonen Jump cercano nelle storie che amano. La traduzione in linguaggio cinematografico, come si è ricordato, può essere molto ardua: l’equilibrio tra aspettative dei lettori (il pubblico principale di un prodotto come questo) e solidità come oggetto filmico può essere molto labile. Per ogni opera riuscita (ad esempio i primi due film tratti da Death Note, per citare un’opera che gli spettatori del Far East Film hanno visto e apprezzato), ce ne sono parecchie da rigettare senza troppi dubbi.

One sceglie di essere più cauto e più ardito al tempo stesso: per la struttura di Bakuman, si appoggia saldamente ai dettami del racconto di formazione, mentre per catturare lo spirito del manga sceglie di concentrarsi su strategie espressive precise ed evita il continuo e forzoso rimando al materiale d’origine, schivando così la trappola del vuoto esercizio calligrafico. Dunque, niente inquadrature che urlano la propria origine sulla pagina e grande spazio ai dialoghi e ai relativi ritmi, alla fantasia, alle atmosfere e ai luoghi del sogno (la redazione di Shonen Jump, gli scantinati dei disegnatori, la "caverna" del geniale autore rivale). I momenti di giocosa comicità, l’impacciato idealismo e le astrazioni della computer grafica sono le chiavi di questa magia espressiva. In questi momenti Bakuman raggiunge una grande potenza lirica, diverte e commuove.

I difetti da riscontrare sono probabilmente dovuti al materiale d’origine e al pubblico di riferimento, ma è chiaro che alcuni personaggi non siano ideati per superare la loro dimensione di macchiette e funzioni narrative senza contesto.

A colpire è piuttosto la mancanza di personaggi femminili di qualsiasi interesse; la stessa "musa" del protagonista non va oltre il ruolo di fonte di ispirazione e innocente seduttrice, come da copione di certa editoria manga (peraltro ormai superata). Il limite non è certo insignificante, ma Bakuman si fa perdonare coinvolgendo ed emozionando come i migliori film popolari del Far East Film. Soprattutto, quello di One non è un semplice adattamento e sceglie di non essere innocente e pacificato, arrivando a suggerire il lato oscuro del mondo rappresentato – a partire dalla rivalità intrinseca al sistema, strategia di sfruttamento capitalistico del lavoro di giovani idealisti. Non è cosa da poco, per un’opera assolutamente mainstream e dedicata a un pubblico di giovani e giovanissimi..

Autore: Alessandro Gaudiano
Pubblicato il 25/04/2016

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