Barry - Seconda stagione
Sullo sfondo di una murder-com in stile fratelli Coen, Alec Berg e Bill Hader cercano di abbracciare in tutta la loro complessità l’arte e la pratica della recitazione.
A dispetto – o forse proprio in forza – dell’andamento più discreto e di gran lunga meno esibizionista di altri titoli di punta HBO con cui lo show di Alec Berg e Bill Hader è arrivato a fine seconda stagione (e si avvia verso una terza già confermata), Barry avrebbe tutte le carte in regola per raggiungere, intrattenere e far riflettere una larghissima fetta di pubblico. Barry è intrigante, divertente, spessa, agevole e di ottima fattura. La storia della riconversione di un ex marine degli Stati Uniti, Barry Berkman (ora un hitman nel Midwest) a una carriera di attore teatrale permette di far entrare in risonanza il gangster movie esistenzialista, umoristico e fortemente estetizzato à la fratelli Coen (che, in televisione, ritroviamo in serie come Fargo o Patriot, recentemente raggruppate da Vulture nel sottogeneri della murder-com) con l'ipertestualità della scena teatrale (tema sviluppato con alcuni tratti comuni da Michael Gondry in Kidding) e con quel particolare tipo di coralità che nasce dall’esaltazione e dal coinvolgimento delle singolarità tipica dei gruppi di studenti di recitazione.
Lungi dal seguire una semplice linea retta che porterebbe il nostro protagonista dalla vita criminale a una onesta, la trama di Barry si allarga fino ad abbracciare un complesso gioco di rimandi e rivolgimenti delle due vite parallele che il nostro eroe sta conducendo. La scena teatrale in Barry è altrettanto mortifera, dolorosa e irta di ostacoli della scena criminale, altrettanto esigente, altrettanto motrice dell’azione. Essa si nutre del vissuto del nostro eroe, ne rimescola le tensioni e le ricostruzioni, lo flette, lo riflette. Presentata come una diversa Weltanschauung rispetto alla vita criminale, l’avvicinamento al teatro è foriero di una vera e propria trasformazione del modo di vedere le cose per Barry, di un allargamento del suo piano di esistenza, e richiede un volontario e paziente sforzo di apprendimento.
Una delle scelte più interessanti della serie è stata quella di far adottare a Barry (in netta opposizione all’expertise che dimostra nel vecchio mestiere) il punto di vista del principiante, dello studente, figure che trovano il loro punto di accesso alla conoscenza nella curiosità e nello stupore. Complice anche la ricchissima recitazione di Bill Hader, capace di sostare per intere scene negli intervalli fra autentico e inautentico, lo spettatore diventa anch’egli un apprendista confuso e stupito ora dalla semplicità delle cose che non conosceva (buffi e toccanti i momenti in cui Barry sviluppa un rapporto di amicizia con Fuches) ora dall’imprevedibilità del concatenamento di eventi che guida la serie, una su tutte il susseguirsi delle scene dell’episodio 5, Ronny/Lily.
Quella che spettatore e protagonista assimilano pian piano è, shakespearianamente, una diversa materialità della vita, quella più eterea dei sogni e delle ombre deambulanti, di un agire in cui si concentra e si esprime l’attore e di una actio che può realizzarsi solo in conseguenza di un tentativo di raccoglimento, di autoanalisi, di comprensione e trasformazione del proprio vissuto. Ed è in questo senso che Barry si discosta da una riflessione sulla vita criminale in termini binari di bene e male per preferirle un’esplorazione dell’autentico e dell’inautentico. Come per le grandi riflessioni sul male contenute nelle serie di Vince Gilligan e Matthew Weiner, anche per Berg e Hader il perno di un’autentica trasformazione è rappresentato da una certa onestà intellettuale ed emotiva, da una coerenza narrativa verso la propria persona. Si tratta di uno spostamento di baricentro importante che si sposta da un bene ed un male esterni ed assoluti verso un punto di vista sulla singolarità e sul lavoro su sé stessa che questa mette in atto, spostamento che permette di descrivere le cose in modo nuovo, di ridisporre le cose intorno alla forma cangiante della propria persona e non intorno a quella rigida del “giusto”.
Come emerge anche dalle scene dedicate al personaggio di Sally (più ampie in questa seconda stagione), la recitazione, soprattutto nella forma reiterante del re-acting, è, allora, un esercizio fondamentale per la scoperta e la costruzione del sé.