Lovecraft Country
La serie weird ideata da Misha Green inverte i rapporti di forza e si riappropria di un genere spesso poco inclusivo, affermandosi come uno degli show più ambiziosi e innovativi del 2020.
Che si tratti di letteratura o di cinema, l’horror è una macchina narrativa controversa: se da una parte è il genere che più ha fatto eco alle paure dell’immaginario sociale maggioritario, amplificandone le inquietudini e nutrendone i pregiudizi, dall’altra possiede una forza sovversiva intrinseca, che ha saputo dare spazio nei decenni a voci minoritarie o dissidenti. La serie Lovecraft Country, creata da Misha Green, prodotta da HBO e diffusa in Italia da Sky Atlantic, è riuscita, anche grazie all’apporto di figure produttive quali J. J. Abrams e Jordan Peele, a sfruttare magistralmente il potenziale innovatore del genere.
Come suggerisce il titolo, lo show, basato sull’omonimo romanzo di Matt Ruff, chiama in causa una delle figure più influenti e discusse del panorama letterario nel XX secolo — lo scrittore weird H.P. Lovecraft, la cui opera, che vanta risonanze enormi nella produzione narrativa e cinematografica degli ultimi 50 anni, veicola spesso assunti razzisti, xenofobi e misogini, più volte esplicitati dallo scrittore stesso, che suscitano oggi non poco imbarazzo tra gli appassionati del genere. In molti si sono domandati come fare i conti con questa eredità a dir poco incomoda, e la serie di Green offre una delle risposte più interessanti a questo quesito, invertendo i rapporti di forza e affidando le redini della narrazione a coloro che, negli scritti lovecraftiani, vengono invece vittimizzati o marginalizzati.
Lovecraft Country sviluppa, nei 10 episodi che compongono la prima stagione, una trama complessa e stratificata. Dal plot principale, che segue le lotta di Tic, Leti e Montrose contro i piani occulti della famiglia Braithwhite nell’America razzista degli anni ‘50, si diramano diverse micro-narrazioni che situano lo show a mezza via tra una serie antologica e un formato più classico, e permettono all’autrice di esplorare a ruota libera i mondi che costituiscono la nebulosa dell’immaginario, dalla casa infestata al racconto fantascientifico, da riletture di classici come Frankenstein e Doctor Jekyll & Mister Hyde a film di avventura quali i Goonies e Indiana Jones. Si sviluppa così un racconto corale e ibrido, che lascia ampio spazio anche ad alcuni personaggi secondari e celebra la quotidiana lotta per la sopravvivenza delle minoranze in un paese ancora ottusamente incatenato alle logiche di segregazione razziale. Malgrado qualche leggero difetto, perlopiù legato alla dispersività delle narrazioni, Lovecraft Country si contraddistingue, sia nel formato che nelle tematiche trattate, come uno degli show più ambiziosi e brillanti del 2020.
Nel corso degli episodi, all’orrore cosmico incarnato da Shaggot e spiriti demoniaci si affianca la rievocazione delle atrocità razziali e dei traumi storici subiti dalla comunità afroamericana. Dal massacro razziale di Tulsa al brutale omicidio del giovane Emmett Till, dalla violenza più palpabile ed esplicita, come quella in vigore nelle sundown counties, a insidie più astratte quali la paura costante di essere ridotti a stereotipi — tradotta magistralmente nella persecuzione delle gemelle demoniache Topsy e Bopsy, versione orrorifica del cliché razziale del pickaninny — lo show punta i riflettori sulle ferite non ancora rimarginate dei neri d’America, e, più in generale, delle minoranze etniche e queer. Ma Lovecraft Country non si limita a evocare la sofferenza e le pagine buie della storia: la serie celebra la cultura afroamericana a tutto tondo attraverso numerosi omaggi, espliciti o allusivi, come ad esempio la ricostruzione delle fotografie di Gordon Parks, l’evocazione di personaggi quali lo scrittore James Baldwin e il ricorso all’estetica afrofuturista. Il risultato è un esempio perfetto di come sia possibile conciliare l’entertainment con l’esigenza di una partecipazione attiva dello spettatore medio, spingendolo a cambiare prospettiva e ad approfondire eventi tragici cancellati dai libri di storia e universi culturali sovente relegati in secondo piano.
Riappropriandosi di un genere non sempre inclusivo, la serie aggiunge un carico semantico all’aggettivo lovecraftiano, generalmente associato al concetto di orrore cosmico, chiamando lo scrittore di Providence, e con lui l’intera white America, a fare i conti con la Storia. Lovecraft diventa l’emblema di un orrore ben più umano e tangibile — quello della discriminazione razziale. Un orrore non cosmico ma trasversale, poiché capace tutt’oggi di permeare ogni strato della società, dalle più remote periferie urbane, finanche — come dimostrano le sconcertanti immagini degli ultimi giorni — alle principali sedi istituzionali delle democrazie occidentali.