Calvario
La Via Crucis di un prete, nel secondo film da regista di John Michael McDonagh
“Non disperare: uno dei due ladroni fu salvato. Non presumere niente: uno dei due ladroni fu dannato”. Sant’Agostino in esergo, non a caso, è il santo della conciliazione tra ragione e fede, anima e corpo. E Calvario comincia proprio in uno spazio agostiniano, un confessionale, porzione architettonica del dentro-fuori, del peccato-perdono, del chiaro-scuro.
Qui, padre James (un eccezionale Brendan Gleeson) ascolta la voce di un uomo che sfila le maglie della propria vita lucidamente. Racconta di essere stato stuprato per anni, da quando ne aveva solo sette, da un prete che ormai è morto. Padre James ascolta, fa domande, ma alla fine non ha risposte. L’uomo oltre la grata, gli annuncia che tra una settimana, di domenica mattina, lo ucciderà. E non perché ha colpa, no, al contrario, lo ucciderà perché è un buon prete, gli dice. L’appuntamento con il destino sarà in riva al mare.
Comincia qui un countdown di sette giorni esatti. Padre James è il cristo di questo calvario. Sa che il settimo giorno per lui ci sarà una condanna a morte, crede di aver riconosciuto il suo probabile carnefice e, da questo momento in poi, le possibilità per lui di salvare la propria vita sono infinite (come il Gesù dell’Ultima tentazione scorsesiana, potrebbe scendere dalla croce). Ma la monumentalità del suo carattere, forgiato al dolore della perdita, al fuoco della vocazione adulta, attraversa i giorni senza iniziali vacillamenti. Gestisce con fermezza, ironia, raffinata intelligenza le debolezze dei suoi parrocchiani, il cinismo, la disperazione, lo sconforto, la rabbia, il loro disamore per la vita, lo smarrimento, la solitudine. Lo fa da vero uomo di chiesa, in una piccola comunità irlandese sbattuta dalle onde che spezzano le montagne, sferzata dai venti. Perché, in fondo, il calvario è quello di Padre James ma è anche quello quotidiano delle anime su cui è chiamato a vegliare, tutte in qualche modo perse, ferite, svuotate, incattivite. Per questo, il potenziale assassino potrebbe essere chiunque, plausibilmente, perché tutti hanno perso la pietà, hanno perso la fede. E ogni giorno di questa settimana contiene una riflessione diversa sulla morte, sulla vocazione, sul silenzio di Dio. Fino all’epilogo, puramente cristologico (quando si congeda, Padre James, ricorda l’importanza del Perdono, “perdonate, fino a settanta volte sette” dice Gesù nel Vangelo). Settimo giorno…
Difficile incasellare in definizione nette, in schemi sicuri, in una manciata di comode etichette, un film come Calvario di John Michael McDonagh (fratello di quel Martin regista di In Bruges – La coscienza dell’assassino,del 2008, con un grande Gleeson anche qui, e del più recente 7 psicopatici, del 2012). Assunto kieslowskiano ma svolgimento assai divergente, meno rigoroso. Difficile, perché si tratta di un’opera situata in una zona incerta, un po’ambigua, perché sembra possedere più di quello che mostra, dei quadri che scorrono, e, al contempo, dà la sensazione che non sia così, anzi, che sia, come dire?, un’opera “in difetto”. Non è quindi questione relativa all’individuare “bellezza” e “bruttezza” del film, l’ “onestà” o la “furbizia” e le relative gradazioni, no, è qualcosa di assai meno banale, qualcosa che va oltre, più in profondità, che riguarda il dialogo – condiviso, ridefinito, immaginato – con il film. La storia, che John Michael McDonagh ha anche scritto (qui alla sua seconda regia dopo The Guard, del 2011, distribuito in Italia con l’orrido titolo Un poliziotto da happy hour, sempre interpretato da Gleeson), si inserisce nelle strutture del giallo, della detection, contiene gli umori della commedia nera e del tragico in crescendo. E’ un “viaggio dell’eroe” per molti versi essenziale, perfetto, esemplare. Eppure, alla fine, è come se fosse difficile districarsi tra le emozioni del film e la sua “meccanica”, come se non fosse possibile individuarle davvero come parti separate. Restano, tuttavia, incise la parabola della coerenza e della forza di questa figura religiosa, del suo coraggio, in un paese come l’Irlanda flagellata per decenni dallo scandalo pedofilia nella Chiesa cattolica.