John Wick 3 - Parabellum
In perfetto equilibrio tra parossismo visivo e fiducia nel personaggio, Parabellum è l'episodio più bello visto nella saga, quanto di meglio si possa chiedere oggi al genere duro e puro.
Bossoli che piovono sul pavimento, lame che trapassano le carni, l’impatto violento di corpo su corpo, lividi, fratture, urla, l’odore acre di cordite sospeso nell’aria. Prosegue con Parabellum la lunga notte di John Wick, il killer malinconico con cui Keanu Reeves, Chad Stahelski e David Leitch hanno conquistato nel 2014 il mondo action hollywoodiano riportando al centro della scena la spettacolarità degli stunt e l’eleganza del kung fu. È ancora l’onda lunga di The Raid, la lezione di una violenza dalle coreografie raffinate e assieme brutali restituite spesso in camera fissa e tempi di montaggio più dilatati, se non piani sequenza che diventano vere e proprie composizioni musicali di combattimenti e conflitti a fuoco. Non a caso John Wick 2 porta con sé lo stesso limite di The Raid 2: Berandal, il tentativo fallito di replicare la stilizzazione action unendola al respiro epico di una narrazione criminale più vasta e complessa; mancava di incisività e immaginazione visiva John Wick 2, lontano dalla coerenza impeccabilmente b movie del primo capitolo. Tanto di cappello a Reeves e Stahelski allora, perché Parabellum è una fenomenale rinascita della saga, il capitolo finora più riuscito, affascinante e sorprendente, che trova la quadra del cerchio equilibrando perfettamente parossismo visivo e fiducia cieca nel personaggio.
Dopo un lungo incipit notturno che si collega direttamente al capitolo precedente, Parabellum riprende l’esplorazione dell’underworld criminale abitato da John Wick, regole e rituali di un mondo che sembra sempre meno sotterraneo ma piuttosto parallelo e contiguo al nostro, tanto è ramificato e onnipresente e globalmente pervasivo. Dietro ogni barbone si nasconde un informatore, dietro ogni ristorante cinese una squadra di killer dai talenti marziali, la violenza può esplodere nel mezzo delle strade e degli spazi pubblici ma in qualche modo è sempre non vista, nascosta in pieno sole. Parabellum approfondisce l’indagine di quest’organizzazione criminale ma riesce a farlo sempre e comunque attraverso l’azione, concatenando tra loro sequenze memorabili che pompano adrenalina e stupore mentre si gioca sempre meglio con i limiti del fisicamente possibile. Certo, il film gira su sé stesso e su quanto accaduto in precedenza, reitera situazioni e soluzioni narrative, non sfugge a una certa macchinosità dell’intreccio, seppur basilare, eppure tutto resta magnificamente in piedi e di più, vola a livelli inediti di spettacolarità e creatività visiva in un’escalation adrenalinica che non rinuncia mai al movimento per raccontare la sua storia. Tra cavalli, moto, sale wellesiani di specchi e inganni riflettenti, Parabellum è anche un film assai generoso con i suoi personaggi, cui regala momenti e spazi consistenti: Ian McShane, accompagnato perfettamente dal compassato Lance Reddick, ben incarna lo spirito elegantemente indomito del Continental, mentre Laurence Fishburne si ritaglia uno spazio che, con tanto di citazione iconica e urlatissima, ammicca all’esperienza condivisa con Reeves di Matrix; a sorprendere è invece Halle Berry, rediviva, che assieme a due mortali cani-velociraptor si prende per sé un lungo momento d’azione relegando John Wick in un angolo.
Scisso tra passato e presente, tra la violenza lunga una vita e il ricordo di un amore da conservare a ogni costo, John Wick è quanto di meglio possa regalare il genere duro e puro, un personaggio oscuro orgogliosamente bidimensionale ma coerente e ben delineato nelle sue linee guida, dotato di un carisma immenso e della consapevolezza ludica di vivere un mondo al limite; Parabellum in questo senso è il capitolo più autoironico e eccessivo, un film che abbraccia l’intensità sopra le righe di scene e situazioni e si dimostra in grado di reggere ogni esagerazione, come solo il miglior cinema d’azione è in grado di fare. John Wick è ormai una figura epica, puro cinema spettacolare di fronte il quale poco o nulla contano le banali necessità e limiti del reale.