Dark Matter - Materia oscura
Ciò che esiste ma non si vede. La materia oscura del Poligono Sperimentale sardo.
Un titolo come Dark Matter – Materia Oscura ti fa subito pensare a un horror. E invece no, è qualcosa di più terrificante. Se possiedi un minimo di conoscenze astronomiche, allora ti illudi che sia fantascienza. Ma anche in questo caso no, è qualcosa di più realistico. Dark Matter è un documentario. Partiamo allora dalla definizione: si chiama materia oscura ciò che non emette radiazioni elettromagnetiche o che ne emette con un’intensità non rilevabile dagli strumenti. Insomma, ciò che esiste ma non si vede. In Sardegna c’è un luogo non raffigurato sulle cartoline, lontano dall’immaginario comune, eppure presente dal 1956, esteso su 12.700 ettari, tra mare e monti, influente sulla vita e ancora di più sulla morte di chi ci vive attorno. Si tratta del Poligono Sperimentale del Salto di Quirra. La coppia di documentaristi Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, si è recata sull’immenso campo di battaglia dove per oltre cinquant’anni le nazioni di mezzo mondo hanno silurato il cielo con i missili più all’avanguardia. Per raccontare questa guerra in tempo di pace, non ha scelto la strada del reportage classico, dove una voce narrante commenta le immagini che scorrono o dove le testimonianze sono raccolte in interviste. In Dark Matter la voce umana entra di rado, quasi per caso, come sfumatura dell’insieme. Un colore tra i tanti. Più che al cinema, Dark Matter assomiglia a un reportage fotografico. L’immagine è quasi sempre statica, priva di un’azione concreta. Perché nella foto il movimento è costituito dal pensiero di chi la guarda. Così siamo noi spettatori, troppo spesso abituati a vedere film per spegnere la mente, a doverla ora attivare; a raccogliere le informazioni per crearne dei collegamenti. E non è semplice, dal momento che anche le scritte sono bandite, se si eccettuano un paio di cartelli “Zona militare” e una didascalia finale. La Sardegna la possiamo riconoscere anche se non ci siamo mai stati, perché è così come ce l’hanno eternamente raffigurata. Ma davanti alle azioni dei militari o dei civili non sempre è chiaro quel che stia succedendo o in che relazione si pongano con il resto. Per inciso, è come vedere un film in una lingua che non padroneggiamo: il senso generale lo coglieremo ugualmente, ma ci sfuggiranno in modo inevitabile i dettagli.
L’argomento trattato da D’Anolfi e Parenti non è quotidiano e alla portata di tutti da potere essere seguito senza una spiegazione aggiunta. Ma se i dati sono stati omessi dai due registi è perché evidentemente loro non avevano a cuore le informazioni quanto le sensazioni. E se di un sentire a pelle si tratta, Dark Matter è in grado di trascinare lo spettatore in un paesaggio post-apocalittico dove sarebbero in grado di muoversi a loro agio Mad Max e Kenshiro. La civiltà non è mai mostrata. Donne e bambini non appaiono, se non brevemente in filmati di repertorio, come a ricordare qualcosa che c’era e ora non c’è più. Le uniche tipologie umane messe a confronto sono quella dei militari e quella degli uomini soli, principalmente allevatori, costretti a lottare per mantenere viva una natura che soffoca sotto una minaccia invisibile. In questo contesto anche la morte di un vitello si fa tragedia e non è un caso che nel gennaio 2011 la Squadra mobile di Nuoro abbia posto sotto sequestro alcuni radar e bersagli nella zona militare con l’ipotesi di omicidio plurimo e di omissione di atti d’ufficio per mancati controlli sanitari.
Se il dott. Stranamore si fosse concesso una vacanza, gli sarebbe piaciuto venire qui, a sud della Costa Smeralda. Avrebbe trovato ciò che più amava: un’umanità disposta a eliminarsi da sola.