Se la fotografia è poesia della luce, The Dark Side of the Sun si propone come un’opera in negativo. Sono infatti le ombre e l’oscurità a tracciare i contorni dei piccoli protagonisti della vicenda narrata nella pellicola di Carlo Shalom Hintermann, un particolarissimo film-documentario inframmezzato dalle splendide animazioni realizzate da Lorenzo Ceccotti, immaginate e scritte insieme ai bambini di Camp Sundown, il campo estivo creato da Caren e Dan Mahar nello stato di New York. La vita di Caren e Dan scorreva tranquilla fino al giorno in cui la loro piccola primogenita Katie non poté più uscire alla luce del sole a causa di una rarissima malattia, lo Xeroderma Pigmentosum. Intraprendenti e coraggiosi, i genitori di Katie fondarono l’XP Society e crearono Camp Sundown, un campo estivo dedicato a bambini e ragazzi che soffrono della medesima patologia e alle loro famiglie. Le attività del campo rispecchiano quelle di un qualunque ritrovo analogo – una struttura raduna un gruppo di ragazzi che stringe amicizia e condivide esperienze ludiche di vario genere quali l’arrampicata, le passeggiate nei boschi e i bagni in piscina. Un’unica peculiarità: tutte le attività si svolgono di notte, al riparo dai raggi ultravioletti.
Presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nel 2011, il film di Hintermann ha successivamente viaggiato in tutto il mondo emozionando le platee di svariati festival internazionali. Girato in lingua inglese, si configura come raro esempio di un cinema italiano in grado di valicare confini nazionali ed europei, giocando trasversalmente tra generi e paesi, restituendo al cinema quella caratteristica di universalità che lo contraddistingue e di cui troppo spesso il nostro cinema è carente. Finalmente, con Microcinema, il film trova la possibilità di essere visto nelle nostre sale e, grazie a un efficace lavoro di doppiaggio diretto da Rodolfo Bianchi e brillantemente eseguito tra gli altri da Pino Insegno e Leo Gullotta, conquista nuova linfa vitale iniziando con rinnovata speranza la sua avventura distributiva. Hintermann decide di avventurarsi nell’oscurità di Camp Sundown alla ricerca di un linguaggio visivo che gli permetta di raccontare un mondo alla rovescia. Si muove in punta di piedi tra le storie di Katie, Rachel, Fatima, Chris e degli altri ragazzi, per catturarne la poesia e scovarne l’essenza. Alla stregua dei tassi rappresentati nelle animazioni, che hanno il compito di trasportare i raggi del sole da una parte all’altra del mondo, il regista costruisce il suo film frammento dopo frammento, in un’elaborata lavorazione durata tre anni, realizzando un affresco delicatissimo, originale e fantasioso. L’autore sceglie, inoltre, di porre l’accento sulle suggestioni offertegli dai piccoli protagonisti, sublimando in sequenze animate le idee sorte dal loro immaginario in una vicenda narrativamente compiuta. Riesce, così, a racchiudere in un potente sottotesto tutte quelle che sono le inimmaginabili sofferenze causate dalla malattia.
Il mostro rappresentato dall’XP si configura come limite, sì, un ostacolo odioso, ma non necessariamente invalicabile. Se affrontato con i mezzi adeguati, infatti, come sottolineato dall’esperienza condivisa del campo, permette il raggiungimento di una dimensione di vita consapevole, ricca e profonda. In modo analogo il regista sfida le potenzialità dei suoi strumenti e, insieme al direttore della fotografia Giancarlo Leggeri e a Gianluca Bronzini della Technolight, crea delle luci atte a catturare su pellicola le meravigliose avventure dei bambini notturni. Le maschera da giochi, ed ecco quindi spade lucenti, ali di fata, corone da re e sfere colorate. I cuori pulsanti e luminosi di un’esistenza segnata da contorni neri, l’immagine perfettamente ribaltata di tutti coloro che pur vivendo di giorno brancolano in un’inesorabile oscurità: “voi che vivete di giorno avete il nero dentro di voi”. The Dark Side of the Sun è un inno al coraggio e alla bellezza di ciò che è autenticamente umano. Bellezza che va oltre il meramente visibile e sfocia in una dimensione spirituale intensa e coinvolgente. Ed è forse proprio l’intimo dialogo con le ombre, quelle stesse che i bambini solitamente scacciano con la luce, a plasmare i piccoli protagonisti in creature così preziosamente forti e fragili, così intimamente sofferenti ma capaci nel contempo di gioire e trasmettere energia. Complici del buio, celebrano la vita con il loro stesso esistere, consapevoli di una precarietà perennemente rimarcata da un vissuto quotidiano fatto di alienazione, visite mediche e inevitabili compromessi.