Dossier Giovanni Cioni / 4 - L'immaginazione degli Intrepidi
Tra pirati veri o presunti, tra Bowie e Morgan, un viaggio nella fantasia salgariana con i filibustieri del reale.
"Si può conoscere il mondo intero senza muoversi di casa.
Senza guardare dalla finestra si vedono le vie del cielo.
Più si va meno si sa."
Derek Jarman – Chroma.
Immagina i Caraibi, immagina i Cannibali, immagina i Pirati, i Filibustieri, Iolanda e Morgan, immagina Salgari, che ben ha saputo immaginare. Nomi propri e modelli d’immaginazione, personaggi che nessuno ha mai conosciuto ma che ognuno ha saputo immaginare, e sembrano esistere da sempre, o almeno da quando qualcuno ha iniziato ad immaginarli. Il contesto culturale è la fonte dell’immaginario collettivo, l’immaginazione un linguaggio che ognuno sa richiamare come un miraggio della memoria, un barlume di trasparente fantasia. In una realtà che appiattisce la profondità dell’immaginazione bisogna essere degli intrepidi per sentirsi liberi d’immaginare. Ci si può avventurare per il mondo, trascrivendo storie incredibili, gesti eroici, battaglie in mare ed in terra, il tutto, senza uscire dalla libreria di un piccolo paese italiano. Salgari è stato uno scrittore formidabile, capace di ricreare con la letteratura lontani immaginari cristallizzandoli nelle pagine dei suoi romanzi e nella memoria dei lettori. Gli Intrepidi, è un lungometraggio denso di realismo e fugace come una fantasticheria, in diretta comunicazione con la realtà che racconta, circoscritta in un gruppo di adolescenti che affrontano un’avventura fantastica tra gli appennini toscani e Barberino di Mugello, ma che allo stesso tempo è capace di restare in sospensione, rimanendo racconto, avventura, letteratura ed immaginazione. Presentato al Festival di Venezia, in occasione dei 150 anni dalla nascita di Emilio Salgari nella rassegna Cinema Corsaro. Progetto nato da una proposta di Giovanni Maderna che nella selezione di diverse identità registiche, tese alla rappresentazione del reale e capaci di smussare di realismo ed eterodossia il genere avventuroso, è riuscito a presentare una rassegna di dialettica tra la realtà e l’immaginazione, tra Salgari e la sua necessità d’immaginare.
Inizia l’avventura...
L’avventura comprende il divenire del progetto cinematografico. Il processo creativo è esso stesso un’avventura da documentare. Da vero intrepido, Cioni, pone sempre in relazione le due fasi creative, il realismo non viene mai occluso da una rigida rappresentazione, il reale è l’immagine che l’obbiettivo accetta, in costante e leggera tensione con un fuoricampo sempre ammesso e pronto ad essere compreso e selezionato dalla scelta operata sul reale. Per Cioni la forma cinematografica è solo una parte di un intero processo creativo dove l’esperienza che ne deriva diventa materiale di rappresentazione, parte integrante della forma finale. E la grande carica emotiva del suo cinema dipende molto dal rapporto sincero che instaura con l’esperienza cinematografica nel suo svolgersi e nel suo compiersi. E questa avventura inizia dove un’altra, anni prima, si era conclusa. Gli intrepidi ragazzi che sognano Salgari e Bowie vennero conosciuti da Cioni nei laboratori di cinema Uccellacci, organizzati nelle scuole medie di Barberino anni prima dell’inizio della loro avventura salgariana. Davide Guasti ed Emma Parrini sono i personaggi dell’avventura, da seguire seguendone i sogni, le aspettative, il loro modo di vivere racchiuso in una singola possibilità espressiva. Loro sono l’elemento reale che instaura con l’immaginario salgariano un rapporto di reciproco scambio. La loro libera propensione alla fantasia realizza ciò che l’immaginazione ha desiderato, sono i vettori dell’avventura in una realtà che concretizzerà le loro fantasie. Immagina i Pirati, guarda, ci sono.
Immaginare i cannibali, i cannibali ci sono, sono sempre esistiti...
Come ogni avventura che si rispetti, l’ingresso nel mondo dell’immaginazione deve stringere un patto di reciproca credibilità con lo spettatore. Nelle prime sequenze del film dallo specchio di un lago emergono le figure dei giovani cannibali. Il mondo intorno a loro risulta acetato, una terra marziana avvolta in un blu profondo ed immenso. Una tonalità/viraggio ricorrente nella resa estetica di molti suoi lavori. La terra della fantasia è l’ingresso al mondo dell’immaginazione, la porta sull’avventura. Le figure si materializzano nascendo sul filo dell’acqua ed avanzando nella vegetazione, diventando reali concretizzandosi. Cioni sembra suggerirci che adesso che qualcosa è nato tutto diventa possibile. La realtà diventa materia perforabile dall’immaginazione. Salgari, Morgan e Iolanda sono sempre più vicini.
Il testamento di Morgan/Space Oddity: Il Pianeta Terra è blu e non c’è nulla che io possa fare
Partendo dall’assunto iniziale che tutto adesso è possibile, i Pirati si possono inseguire, come farà Davide, ed ai marziani si può scrivere, come farà Emma, dedicando una lettera a David Bowie, a quell’uomo che è caduto sulla terra da un mondo lontano, a quel personaggio d’appartenenza di un’identità adolescenziale in costruzione. L’avventura nel mondo piratesco prosegue sorretta dalle derive che l’immaginazione dei due protagonisti arriva a delineare, Davide riuscirà nella sua impresa, lui che si è sempre sentito pirata, incontrerà dei veri pirati e riceverà il lascito di Morgan. Cioni definisce l’immaginazione dei ragazzi lasciandogli la totale libertà espressiva e comunicativa, mostrandoli nei loro ambienti quotidiani come la sala giochi, l’incontro con gli amici, il luna park, le interazioni con i social network. Il racconto diventa l’avventura stessa del raccontare. L’aver ardentemente immaginato porta spesso ad una ricompensa concreta. I Pirati nel film ci sono veramente e vengono interpretati da Carlo Monni, Stefano Sarri e Giovanni Martorana. Tre personaggi picareschi in attesa di un regista che non arriva.
Estetica della reale immaginazione
Giovanni Cioni confeziona un film usando l’obbiettivo come una penna ed il montaggio come pagine di un diario di viaggio. L’attenzione sul reale che riserva si piega alle possibilità dell’immaginazione dei ragazzi coinvolti, Cioni non agisce mai sul reale lasciandogli la fluida libertà di scorrergli nell’inquadratura, operando su un’intelaiatura narrativa in costante tensione con la realtà che rappresenta, la sua poetica cattura i tempi morti, riempiendo di significato i silenzi degli interlocutori, quei vuoti che ricalcano il vuoto tra il personaggio ed il suo interprete. Il suo cinema emozionale si struttura sull’unione di forme espressive differenti, dalla didascalia, usata come momento di riflessione, porta poetica scritta sull’immaginazione, all’intervista frontale; dal lirismo delle colorazioni sature, sottolineature di una propensione per la possibilità espressive e cromatiche della videoarte, a movimenti musicali su immagini d’intenso realismo. Un cinema che tiene le porte aperte alle sfumature fantastiche e tende l’orecchio attento alla poesia che nel reale, spesso ed involontariamente, si genera e si conserva. Un’opera, Gli Intrepidi, che inizia nella realtà e finisce nell’immaginazione e viceversa. I due mondi vengono spesso a contatto, sovrapponendosi o rimanendo distanti, concretizzandosi o restando desiderati luoghi remoti. Universi certo lontani ma raggiungibili in quanto immaginati e custoditi nella letteratura. E quando un’avventura finisce c’è ne è sempre un’altra pronta ad iniziare e ad essere documentata.