Prima o poi anche Dracula doveva scendere a un “compromesso storico”, ecco allora il famigerato Vlad Tepes stringere un patto di non belligeranza e allearsi con l’eterno nemico Van Helsing.
Dracula, NBC: la causa di un tale reboot si inscrive nel dominante immaginario complottista così in voga di questi tempi (vedi Sleepy Hollow), emblema di una crisi mondiale che arricchisce la paura collettiva con un’analisi psicotica delle sue cause, in nome di una semplificazione coatta pronta a far quadrare i conti e a instillare un’attitudine critica in balìa di derive fantastiche. Nel caso in questione il Male è più reale che mai, distaccandosi da chissà quale elemento soprannaturale e prendendo la forma di un Ordine del Drago, portatore di un intollerante fondamentalismo di matrice cristiana che manovra tutti i vertici della piramide sociale, controllandone la politica, l’industria pesante e l’egemonia petrolifera.
Con una premessa di questo tipo, il nosferatu, dopo essere stato riportato in vita da Van Helsing, si scolla dal suo ruolo più celebre per presentarsi in una netta opposizione luciferina. Non più quindi un principe delle tenebre ma un raggiante self made man con impeto futuristico, portatore di un nuovo capitalismo all’insegna dell’energia alternativa (geomagnetica) che possa contrastare, per il presunto bene delle generazioni venture, il monopolio del diabolico Ordine. Nelle vesti di Alexander Grayson, imprenditore yankee dai modi piuttosto esotici rispetto al mondo vittoriano in cui si svolge la vicenda, Dracula mette le basi per la sua vendetta. Perché di vendetta si tratta, visto che furono proprio i membri della setta segreta ad avergli ucciso l’amata Ilona e ad averlo trasformato in un mostruoso vampiro. Sceso a patti con l’ammazzavampiri per antonomasia Van Helsing (al quale l’Ordine ha sterminato l’intera famiglia), inizia la sua opera di manipolazione assumendo come spia il talentuoso e ingenuo Harker, giornalista in ascesa del quotidiano nazionale, per scoprire i punti deboli dei suoi nemici. Tutto sembra filare liscio se non fosse che Mina, la fidanzata del giovane dipendente, è nientemeno che la reincarnazione della defunta Ilona, ora una studentessa di medicina del Prof. Van Helsing.
Pervaso da una spiccata sensualità cui fa eco l’insistente tappeto sonoro di basi trip-hop, sospensioni ambient e motivi melò, Dracula cerca di presentarsi fin da subito come una riscrittura del Mito all’insegna dell’erotismo e della sua percezione sensoriale, allineandosi all’impulso conflittuale di Grayson che ambisce a uscire dal suo buio (gli esperimenti per camminare alla luce del sole) ma che, allo stesso tempo, non può rinnegare la propria condizione di non morto. E’ difatti il desiderio di superare la propria maledizione la chiave strutturante dell’intera serie, che disegna con qualche affanno una continua attesa preliminare tra verbosità ottocentesca e trame strategiche (politiche e d’amore). Nel mezzo di questo teatro atmosferico lo spettatore può assaporare, con le sue dovute tempistiche, le liberazioni gore che più si avvicinano alle regole del genere, con un Dracula che cade nelle sue tentazioni e mostra la sua vera natura. Il clima orrorifico si permette così qualche licenza insieme ai tipici scontri con i nemici di turno sguinzagliati dall’Ordine del Drago, con dinamiche ormai riconoscibili nell’unire il corpo a corpo del cinema (post) cappa e spada all’azione da vignetta comic.
Si mettano allora l’anima in pace i feticisti dei tradizionali denti canini, dal momento che potrebbero rimanere alquanto delusi nel vedere un Dracula vittima del sistema e, mai come in questa trasposizione, tanto lontano dalle sue peculiari caratteristiche. Di per sé si tratta di un’operazione coraggiosa quella di innalzare il Conte come nuova figura portatrice di luce che riesce, grazie alla tecnologia da fantascienza alla Verne, a illuminare delle lampadine senza l’utilizzo di fili, maestro dell’illusione (e del camuffamento), dispensatore più di sogni che di incubi. Tuttavia la scelta è riuscita a metà, disattesa ben presto dalla storyline principale (l’avvicinamento a Mina e il conseguente conflitto con Harker) che, pur mettendo in atto il potere corruttivo della manipolazione e della menzogna di cui Dracula è inevitabilmente emblema, si complica in capovolgimenti improvvisi che affossano il poco spessore dei personaggi immischiati. Di contro il punto forte della prima stagione è la relazione tra Grayson e la cacciatrice di vampiri Lady Jane, punta di diamante dell’Ordine del Drago e ignara vittima del carisma del magnate americano. Nella loro storia passionale si può riscontrare una breve sintesi di tutto il materiale messo in gioco dalla serie, grazie anche alla specularità dei due che intensifica quanto sia la forza del desiderio sessuale, sublimato in enfasi romantica, a predominare nell’evoluzione degli avvenimenti.
Insomma, un Dracula tormentato e in ombra, interpretato da un alquanto difficile Jonathan Rhys-Mayers, al quale durante la produzione della serie è stato pure bloccato il compenso per le sue condizioni sul set non troppo ottimali (problemi di dipendenza da alcool e droghe). Una maschera intrigante e a tratti accattivante, ma adagiata purtroppo su scarti netti che più che assecondare il conflitto interiore lo privano del giusto mordente. Se da una parte la dialettica ruffiana e l’atteggiamento chic del protagonista diventano un marchio inconfondibile, non si può dire lo stesso delle crisi di frustrazioni durante le quali emerge prepotente il bisogno della revenge, difficile da distinguere da un semplice capriccio temporaneo.
Con una progressione preparatoria che racchiude quasi tutti gli episodi, Dracula sterza improvvisamente per la resa dei conti finale, facendo collassare la credibilità di uno sviluppo che necessitava probabilmente di tempistiche diametralmente opposte. Il dubbio è che durante la prima stagione il drammatico down degli ascolti abbia portato gli autori a puntare alla chiusura del cerchio nell’attesa di un improbabile rinnovamento, perlomeno a quanto ne sappiamo oggi. Nel season finale questa fretta, se così la possiamo definire, appare di una chiarezza cristallina, in una caduta alla Icaro che resetta la maschera indossata fino a quel momento da Vlad e riapre sbrigativamente le porte alla classicità del mondo stokeriano. Se si tratta di un cliffhanger verso il nulla lo sapremo presto, ciò non toglie che, tralasciando i limiti accennati (non vado nello specifico per evitare irrimediabili spoiler), la curiosità resta. Colpa della serialità, ça va sans dire.