The Forbidden Room
Guy Maddin ed Evan Johnson firmano una straordinaria cavalcata cinefila nel linguaggio del cinema e nel gioco della narrazione in abisso.
Come si fa il bagno? Un uomo ci spiega la storia e le origini del rituale sociale più ovvio del mondo. Dalle acque insaponate della vasca da bagno sprofondiamo negli abissi oceanici, dove l’equipaggio di un sottomarino sta rischiando la vita: l’ossigeno sta per finire, ma è impossibile riemergere perché la gelatina esplosiva che sta trasportando potrebbe esplodere. All’improvviso, compare dal nulla un boscaiolo, ignaro di quello che sta succedendo e di come sia finito lì...
Questo è solo l’inizio di un viaggio nelle profondità, più metaforiche, della narrazione, a cui veniamo introdotti dagli autori di The Forbidden Room, Guy Maddin (già noto al pubblico cinefilo per Dracula: Pages from a Virgin’s Diary) e il suo aiuto regista, Evan Johnson.
La "stanza proibita" è una camera delle meraviglie, una lanterna magica dalla quale effondono i vapori del sogno lisergico e le ombre di mille e una notte. Il boscaiolo del sottomarino è la porta di accesso ad una nuova storia, la sua quest per salvare una donna rapita da una banda di feroci banditi su una montagna innevata. La donna ha perso la memoria e si risveglia in un night club, dove un misterioso interprete intona un inno ai fondoschiena e si avverte la presenza di un improbabile "vampiro della giungla"... sarebbe impossibile ripercorrere con precisione il gioco di scatole cinesi che gli autori dispiegano davanti allo spettatore. Tra vulcani che sognano e città misteriose, bestie e possessioni, follia e avventura, i fili narrativi si intrecciano e si perdono in una ragnatela di piacere, in un orgasmo della narrazione sfrenata e senza regole.
Il gioco potrebbe sembrare gratuito e insensato; inaspettatamente, invece, The Forbidden Room si regge e prospera nel caos immaginario e nell’apparente entropia del discorso. Il lavoro sull’immagine, straordinario e ipnotico, ha un ruolo importante nel garantire la tenitura del gioco narrativo: tra espressionismo tedesco, cinema classico hollywoodiano e uso rapsodico di sonoro e parlato, il film crea continuamente delle nuove regole, salvo poi infrangerle e ricostruirle.
Guy Maddin è un maestro del linguaggio e un dissacratore di rara precisione: la caraxiana "bellezza del gesto" è innegabile nel suo cinema e i suoi lavori precedenti (in particolare il folle My Winnipeg, sorta di mockumentary surreale e inqualificabile) lo dimostrano. Se è vero che, in un film tradizionale, i primi minuti stabiliscono le regole del gioco e la cornice interpretativa di base, The Forbidden Room è invece una messa in abisso delle cornici stesse. Quello che resta è un oceano di climax e di parossismi, solcati da una comicità surreale e grottesca. Il gioco è quello di indovinare fino a dove si spingerà la prossima bordata di idee, in quale impossibile modo la vicenda si svilupperà o invilupperà, quale sarà il prossimo attore ad interpretare un ruolo improbabile in un contesto ancora più alieno. Da Mathieu Amalric a Charlotte Rampling, i numerosi attori che si sono prestati al gioco sono complici di questa "macchina-cuore" e del suo paradossale sprofondare, scendere, precipitare.
La caverna delle meraviglie al centro dell’abisso, in altri termini, è stracolma di pura gioia cinefila. Dopo la visione, di The Forbidden Room rimangono le immagini solide e carnali, le scenografie da teatro di posa affogate in mascherini e post-produzione debordante, le didascalie che sembrano una composizione da cadaveri eccellenti. Il sogno collettivo di una videoteca, o di una platea incantata da un fascio di luce. Dovrebbe esserci altro? È necessario trovare o imporre dell’altro in un film come questo, che immagina un pubblico e un’esperienza collettiva ben precisa? La risposta, probabilmente, è negativa. In casi come questo, la critica-cervello può solo accompagnare fino alla soglia della visione. Si potrebbero appuntare alcune critiche formali e un minutaggio probabilmente eccessivo, ma si tratta di difetti veniali. Il cervello è utile per godere appieno di un film come Holy Motors; invece, nella stanza proibita che per certi versi ne è il contrappunto ludico e selvaggio, ogni riduzione teorica non può che essere riduzione tout court.