I giorni e le opere

di Francesco Dongiovanni

La terra, il lavoro, il silenzio: I giorni e le opere è probabilmente il lavoro più minimalista e asciutto del regista pugliese, registrazione nuda e cruda di uno stato di cose che esistono quasi al confine tra una dimensione e un'altra, un prima e un dopo.

I giorni e le opere, Francesco Dongiovanni

Il padre stesso degli dei

volle che non fosse facile la via della coltivazione, e per primo mosse

con arte i campi, aguzzando la mente degli uomini con le preoccupazioni

e non permise che il suo regno giacesse in un pesante torpore.

 

Allora si affermarono il ferro rigido e la lama della stridula sega

E sorsero le varie Arti. La dura fatica

e il bisogno assillante delle difficoltà vinsero ogni cosa.

(Virgilio – Georgiche)

 

Tra le parole di Virgilio in apertura, che suonano quasi come un monito, e il riferimento al poema di Esiodo suggerito dal titolo, in questo spazio chiaramente definito non tanto in senso argomentativo quanto per una determinata prospettiva di sguardo, sta la vita di Peppino Maiullari, stanno i suoi (lunghi) giorni e le sue (tante) opere: nella campagna tra Altamura e Matera, paesaggio ampio e brullo di cui l’ultimo film di Francesco Dongiovanni restituisce la quiete, i colori e i suoni assieme allo spirito profondo.

Una stalla scalcinata, qualche ulivo, un muretto di pietre bianche costruito a secco, e quel silenzio dolce e confortante della campagna fatto di tanti piccoli rumori, vicini e lontani: un cane che abbia fuori campo (a chi, a cosa?), il muggito di una mucca, lo stridere di un cancello di ferro che si chiude. Peppino, che per tutto il film non dirà una parola e non guarderà mai in macchina, quasi a negare la presenza dell’occhio registico che capta ogni suo movimento, è sempre, perennemente, all’opera: il suo tempo è quello dei suoi animali (mucche, pecore, asini, cavalli, maiali), appartiene, in un certo senso, a loro.

Campi lunghi, fissi come quadri, come se la macchina da presa sostasse in ascolto di un qualche respiro segreto della terra. Un cane riposa all’ombra di un trattore, un cavallo mastica il suo fieno senza fretta, Peppino trascina la carriola sul terreno pietroso e le nuvole si addensano nel cielo.

I giorni e le opere è probabilmente il lavoro più minimalista e asciutto del regista pugliese, registrazione nuda e cruda di uno stato di cose che esistono, potremmo dire, quasi al confine tra una dimensione e un'altra, un prima e un dopo; la vita solitaria (ma la solitudine non è isolamento) di Peppino è una resistenza del passato nel presente, spartana, dignitosa, composta, in un certo senso incorrotta, non rispetto a una ipotetica modernità da rigettare, ma piuttosto rispetto a una certa etica del lavoro che si traduce, infine, in un approccio peculiare del sentire, del pensare, del vivere. E il ritmo della sua quotidianità, apparentemente placido ma di fatto rigoroso, coincide con quello del racconto, con lo sguardo di Dongiovanni sulla materia filmica, qui assolutamente coerente con i suoi precedenti documentari: l’esordio Densamente spopolata è la felicità (2011), forse il più affine, come orizzonte, a I giorni e le opere; ma anche Elegie dall’inizio del mondo – uomini e alberi, dal taglio quasi etnografico, Giano (2014) e Anapeson (2015) riflessioni evocative e nostalgiche che fanno dialogare misteriosamente luoghi e memorie, tempo e spazio.

Guardare un film come questo, che in nome di una purezza estetica e linguistica rifiuta ogni possibile compromesso, significa rieducare lo sguardo attraverso il tempo, laddove i movimenti di macchina impongono soste che implicano alla visione di scendere in profondità, per raccogliere i dettagli, per ripensare non solo il senso delle immagini ma quello dell’atto stesso del guardare. Se tutto questo fosse un mero esercizio stilistico – e non lo è, perché la bellezza di quello che vediamo è sempre così realisticamente sporca, dimessa, imperfetta – il discorso esaurirebbe il suo senso sul piano, pure importantissimo, della ricerca formale; ma la presenza viva del protagonista ricongiunge, mirabilmente, il piano astratto con quello concreto, per ribadire che il sentire è il vivere.

Autore: Arianna Pagliara
Pubblicato il 25/11/2019
Italia, 2019
Durata: 72 minuti

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