Le repos des braves

di Guillaume Brac Nicolas Anthomé

Il primo documentario di Guillaume Brac conferma la sensibilità unica del regista francese, dimostrandosi un mezzo congeniale per veicolare temi e figure a lui cari

Le repos des braves - recensione film Brac

Heureux qui comme Ulysse / A fait un beau voyage / Heureux qui comme Ulysse / A vu cent paysages / Et puis a retrouvé / Après maintes traversées / Le pays des vertes allées”. Risuonano quasi come una sinossi tardiva le parole di Brassens alla fine del breve documentario di Guillaume Brac e Nicolas Anthomé, Le repos des braves. Non la cronaca di un'impresa – quella di un gruppo di ciclisti amatoriali che, ogni anno, attraversa le Alpi da Nord a Sud – ma la fine di un viaggio da esaltare assieme ai ricordi del passato. Nelle ventiquattro ore in cui i suoi pallidi e attempati eroi in costume si godono il meritato riposo sulle spiagge della Costa Azzurra, Brac, appassionato di ciclismo (e ciclista era anche il protagonista del suo primo corto), si pone infatti in ascolto, registrandone le confidenze, i ricordi, le storie di una passione inesauribile che è anche, e soprattutto, rifugio esistenziale.

È un tempo sospeso, lontano dal quotidiano, in fondo, quello di Le repos des braves. Non dissimile in questo dalle altre estati francesi che popolano la filmografia del regista. Un tempo fatto di incontri e di fugaci stati di grazia, dove il futuro sembra infinito e pieno di promesse. Eppure, questa volta, nel cinema di Brac, nella forma del racconto corale e negli inserti di repertorio che affiancano le sue immancabili immagini balneari, trova spazio anche qualcosa di diverso. È il peso del passato a condizionare qui storie e vite, obbligando i soggetti a fare i conti, mentre le immagini delle loro imprese scorrono sullo sfondo, col rapporto sempre più sbilanciato tra ricordi e aspettative. È in questo scarto temporale, in questo spazio dove le promesse del futuro sono più incerte, che prende così vita forse il film più malinconico del regista.

Confrontandosi per la prima volta con la terza età, Brac stempera la frenesia illusoria del qui e ora in cui di solito sono immersi i protagonisti dei suoi film per seguire, con altrettanta empatia, la piccola odissea (e un canto di gesta, Le repos des braves, lo è in tutto e per tutto) di questi uomini schiacciati dal tempo ma sempre tenacemente alla ricerca, come i loro colleghi più giovani, di quell'attimo che duri per sempre.
Dopo aver dato voce a introversi ed emarginati vari, questo cinema si arricchisce così di una nuova categoria di perdenti. Un'umanità in fuga che il regista risarcisce con un ritratto corale colmo d'affetto e partecipazione. L'ennesimo inno all'“infanzia eterna” (così sarà chiamata nel successivo documentario, L'ile au trésor) di un cineasta che continua, assieme ai suoi personaggi, a credere nell'importanza del cuore e di ogni suo battito.

Autore: Mattia Caruso
Pubblicato il 15/02/2022
Francia 2016
Durata: 37 minuti

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