Homefront
James Franco e Jason Statham l'uno contro l'altro nel film scritto da Sylvester Stallone
Phil Broker (Jason Statham) è un agente della DEA. Due anni come infiltrato in una gang di biker e una morte di troppo gli mandano in pezzi i nervi, così decide di ritirarsi con la figlia Maddy lontano dalla civiltà, nell’entroterra della Louisiana. Un giorno Maddy ferisce un suo compagno di classe durante un litigio, con la conseguenza che i genitori di entrambi i bambini vengono chiamati a scuola. La madre del ragazzino attacca immediatamente Phil e intima il marito Jimmy a confrontarsi fisicamente con il padre di Maddy. Il risultato è prevedibile, con Jimmy scaraventato a terra causa breve mossa di arti marziali. A quel punto Cassie, la mamma del bambino, infuriata per il doppio smacco che la sua famiglia ha dovuto subire, decide di affidarsi al fratello Gator (James Franco), gangster locale, produttore e spacciatore di metanfetamina. Le conseguenze sono che Cassie inconsapevolmente fa infuocare la tranquilla cittadina del sud trasformandola in uno scenario da film western.
Homefront è tratto da un romanzo di Chuck Hogan ma risente della nerboruta sceneggiatura scritta da Sylvester Stallone. E’ un film che potrebbe essere quasi uno spin-off o qualcosa di molto simile, come un figlio illegittimo, della saga de I mercenari. Di Phil Broker c’è ben poco, una caratterizzazione del personaggio che è ai minimi termini, dove l’unico istinto del protagonista è quello di voler alzare le mani sul primo delinquente di passaggio. L’unico cavillo che fa di Broker un essere umano e non una marionetta è l’amore nei confronti della figlia, un clichè che ricorda il Commando del colonnello Matrix (Arnold Schwarzenegger), così come è inevitabile l’impressione di ritrovarsi di fronte ad un prodotto uscito dagli anni ’80. Non solo per l’evidente esaltazione del super-uomo dell’età d’oro dell’action movie, ma per il leitmotiv del film che si aggira sulla difesa della propria abitazione e del nucleo familiare. E’ una tematica classica degli anni reaganiani, la naturale conseguenza di un periodo durante il quale il linguaggio del cinema americano era incentrato sull’ultima grande paura nei confronti del comunismo, il pericolo “esterno” per eccellenza. La sacralità della proprietà privata di Phil Broker e della figlia è in pericolo a causa dei piani criminali di Gator. Il pericolo quindi viene dall’”esterno”, da un America “diversa”, sporca e abbruttita, quella selvaggia dei redneck. Ritorna in mente un altro film, quel I guerrieri della palude silenziosa di Walter Hill, dove un manipolo di soldati dell’esercito si ritrova a fare la guerra contro un gruppo di cajun, proprio in Louisiana.
E’ interessante che il film affronti anche il punto di vista di Gator, piccolo signore feudale in una landa dove la legge è rappresentata solo da uno sceriffo ben poco interessato a far rispettare la legge, piuttosto al tenere calme le acque. Del resto è difficile immaginare James Franco nei panni del villain in un film del genere, ed infatti parte della storia nasce dalla confusione che Gator e la sua compagna, l’ex prostituta e tossica Sheryl (Winona Ryder) generano andando in cerca dei criminali dai quali Broker era fuggito, biker totalmente folli e veri antagonisti della situazione. Alla fine del film l’impressione è di assistere, più che alla scontata vittoria dell’immortale Statham, al dramma di Gator e di Sheryl, troppo provinciali per essere in grado di avvicinarsi al reale mondo della malavita. Nonostante questi spunti Homefront, pur restando comunque una pellicola adatta agli amanti del genere, è un film che manca di spessore, subisce cali di ritmo e la regia di Gary Fleder (La giuria) richiama a gran voce, peccando in personalità, il già citato Walter Hill, con qualche ulteriore strizzatina d’occhio all’action orientale.