Ieri/oggi - Speciale Howard Hawks: El Dorado
È il 1966, Sergio Leone pone fine alla sua trilogia del dollaro e Howard Hawks passeggia sul viale del tramonto conducendo i suoi idoli verso il crepuscolo. Ma i cancelli del cielo sono ancora distanti...
È il 1966. Qualche anno prima, la morte di John Fitzgerald Kennedy abbatteva il mito di Camelot. La New Hollywood sta per salvare il cinema americano dal più drastico calo di spettatori della sua ancor breve esistenza, Sam Peckinpah ha appena compiuto i primi assalti al mito con Sfida nell’Alta Sierra e Sierra Charriba e, tra la Spagna e Roma, Sergio Leone pone fine alla sua trilogia del dollaro dirigendo Il buono, il brutto, il cattivo.
Più di ogni altra cosa, il 1966 segna la realizzazione di El Dorado, penultimo film diretto da Howard Hawks, scritto da Leigh Brackett e interpretato da John Wayne, Robert Mitchum e James Caan. A questo punto della sua carriera, Hawks è uno dei grandi prestigiatori invisibili del cinema classico americano, alla cui storia ha contribuito in maniera determinante attraverso le corse tra le praterie aride di un western fondato sull’amicizia virile, l’orgoglio, il senso dell’onore e i sentimenti di giustizia e solidarietà, le detonazioni anarchiche tra le fitte maglie della screwball comedy e le ombre magnetiche e silenziose del noir. Ma, rispetto al passato, i tempi stanno cambiando, il cammino sul viale del tramonto è più che avviato e gli idoli sono giunti al loro crepuscolo: protagonisti di El Dorado, infatti, sono il vecchio pistolero Cole Thornton che, per sbarcare il lunario, vende i suoi servigi al miglior offerente, lo sceriffo alcolizzato J.P. Harrah, superstite acciaccato di un mondo ormai al tramonto, e Mississippi, un giovane che non vede l’ora di tuffarsi a capofitto in un mondo così archetipico ma irrimediabilmente vecchio.
I valori per questo trio di protagonisti sono ancora saldi eppure il loro ingresso in scena e le difficoltà fisiche raccontano una storia ben diversa. John Wayne accompagnato dalle stampelle e Robert Mitchum che supera una crisi d’amore attraverso l’alcool rappresentano le icone di un mito sempre più in via di disfacimento e da declinare al passato, vittime di un tempo che, sotto ai colpi dell’ironia e della malinconia, erode il western dal suo interno.
A sancire un’ulteriore sterzata nell’evoluzione del genere contribuisce la svolta complessa dei personaggi, inseriti in tessuti di relazioni sempre più eterogenee e diversificate, e in comunità che si istituiscono strada facendo, ramificandosi e differenziandosi di volta in volta lungo il cammino, aggiungendo e perdendo pezzi. I protagonisti di El Dorado sono personaggi claudicanti, malfermi, vulnerabili, feriti, messi insieme uno vicino all’altro e aperti vicendevolmente non per aderenza preliminare ma soltanto in virtù delle azioni che caratterizzano questo western claustrofobico.
Negli ultimi film di Howard Hawks, la comunità perde la sua organicità a vantaggio di un gioco equivoco, retaggio della screwball comedy degli anni Trenta, che inverte i ruoli e consente alle donne di conquistare la ribalta dell’azione attraverso una decostruzione del genere che non si limita a celebrare i fasti del passato ma a porre le basi per un nuovo spettacolo ancora costruito sulla logica dell’azione. C’era una volta il West, senza dubbio. Ma, in attesa dei funerali di Cimino e dell’apertura dei suoi Cancelli del cielo, il Paradiso può (ancora) attendere.