The Knick 2x05 - Whiplash
Dentro la testa della società. Tra cambiamenti ed ennesime dipendenze
Il cranio scoperchiato del Sig Carton, cavia di Thack per una dimostrazione di come il cervello reagisce a determinati stimoli elettrici, riporta nella carne lo spazio (mentale) in cui era stata relegata la dipendenza. Una dipendenza che fin da subito si mostra nella sua collettività, perché l’apertura di Whiplash, in un’ingegnosa meta-sequenza tra le più belle di tutta la serie, diventa la palese allegoria della complessità del presente, nel tentativo ancora acerbo di poter misurare e confinare in una piccola area di un organo i mutamenti culturali e sociali che stanno frammentando il nuovo secolo. Tocca a Thack aprire fisicamente una mappa degli irreversibili cambiamenti dei personaggi e del loro contesto. Sebbene il nostro sembri in apparenza collocato in una posizione decentrata, frutto della scelta corale di pluralizzare sempre più le varie storyline, la sua funzione di apertura al nuovo, di spingere verso terreni inesplorati, rimane indiscussa.
Non poteva quindi che essere lui, nell’ennesimo show di chirurgia, a studiare la testa dell’ideologia di inizio Novecento, figlia di credi settari, spesso contraddittori, che cercano ognuno a loro modo di identificarsi con fiducia nel progresso.
L’orgoglio nero cresce nella comunità e vuole farsi riconoscere quale parte indiscussa e fondante del Paese, con Opal che in maniera sempre più chiara sta diventando il punto di riferimento identitario per Algie; la controparte razzista dell’eugenetica muove Everett dentro il buio di una pseudoscienza attraverso cui cerca di risalire la china del suo fallimento; l’infermiera Elkins da candido angelo si presta a baluardo di una nuova coscienza femminile che necessita di spazio e gratificazione personale, con una malizia pronta a mettere in scacco il proprio datore di lavoro; l’animo corrotto di Barrow continua a scendere a patti con la malavita, ma questa volta nel conquistare l’oggetto del desiderio per il quale si è spesso indebitato, a costo di rinunciare alla sacra istituzione della famiglia; Bertie sembra invece riabbracciare la filosofia del vecchio Knickerbocker Hospital con l’ostinata volontà di sperimentare una nuova cura al tumore della madre, nel superamento del conservatorismo del padre.
Insomma è tempo di cambiamento, ma soprattutto è il momento di scelte che creeranno inevitabilmente nuove dipendenze.
A sancire l’importanza della puntata, è senza dubbio la sequenza dell’incidente nel cantiere della metropolitana che, oltre a rivendicare l’ennesimo prezzo da pagare in nome del progresso, diventa simbolo detonante delle vie intraprese.
Ricordando i soccorsi dopo la rivolta per la morte dell’agente Sears, Whiplash si cala dentro la comunità e le sue trasformazioni bagnate di sangue nella corsa sotterranea del capitalismo.
I tempi sono cambiati e i Robertson ne sono consapevoli, tanto che si ritrovano a dover rivoluzionare radicalmente i propri investimenti passando dal commercio marittimo all’ampliamento della city.
La complessità del panorama non può così ridursi a mero confine circoscritto, a un’identificazione con una singola prospettiva che possa essere una speranza con cui vivere il cambiamento o la sua nemesi di dipendenza.
Di fronte a tutto ciò non basta la rimozione di una sua parte, che sia un’area dell’encefalo o un organo riproduttivo, poiché un corpo (sociale) richiede la sua integrità come ragione d’essere. Per rappresentare e comprendere la malattia del tempo, infatti, c’è ancora molta strada da fare. Al momento siamo ancora corpi vaganti in attesa della nostra dose quotidiana di morfina, incapaci di mettere a fuoco il vero funzionamento della nostra mente.