The Report
Dopo un lungo sodalizio con Soderbergh, lo sceneggiatore Scott Z. Burns torna alla regia e firma un solido esempio di cinema d'inchiesta, fedele alla tradizione liberal e sorretto dall'ennesima ottima interpretazione di Adam Driver.
Uno contro molti, la crociata di un Davide contro le ingerenze e le pressioni tentacolari di un Golia che giustifica e preserva sé stesso, a qualunque costo, in qualunque circostanza. Patria del cinema liberal impegnato e schierato contro il Potere e le sue devianze, Hollywood si è fatta storicamente rifugio di figure cristologiche impegnate in crociate personali, pericolose e spesso al confine con la paranoia, volte a redimere gli errori più abietti della Nazione dopo che i suoi organi hanno agito nel pieno disprezzo delle leggi e delle norme civili e morali. Da Mr. Smith va a Washington a questo The Report c’è una linea rossa che attraversa il Novecento americano mettendone in scena gli anfratti più oscuri, in un bisogno palingenetico di opporre sempre alle storture del reale la forza dell’immaginario. Sono le immagini la prima linea di difesa, lo strumento principe con cui riscattarsi cercando di restituire giustizia ai paladini delle tante battaglie legali e sociali, e il percorso si è fatto via via così coerente e fedele a sé stesso da poter essere definito un genere vero e proprio. Un canone, fatto di narrazioni urbane asciutte e solidamente retoriche, informative per quanto infiammate di sdegno e sempre incentrate su personaggi esemplari ed umanissimi in lotta con forze più grandi di loro. A questo filone The Report si accosta pedissequamente e con grazia, offrendo una ricostruzione robusta e rigorosa del calvario attraversato dal membro del Senato Daniel Jones, cui viene affidato il compito di svelare la storia del programma di detenzione e interrogatorio avviato dalla CIA dopo gli attentati dell’undici Settembre. Il risultato sarà un rapporto di quasi settecento pagine denso di nomi, circostanze, eventi, che dimostrano come il servizio segreto americano avesse adottato i metodi illegali e immorali della tortura per portare avanti una battaglia già persa in partenza, affossata dall’intrinseca e comprovata inutilità di quelle procedure. Ma un conto è raccogliere le informazioni, un altro è riuscire farle venire alla luce. Il rapporto diventerà mai pubblico?
È attorno a questo pericolo che Scott Z. Burns costruisce il suo secondo film da regista, al quale arriva dopo un decennio passato a lavorare accanto a Steven Soderbegh, per il quale scrive una sequenza di opere formidabili (The Informant!, Contagion, Effetti collaterali, Panama Papers). Non a caso The Report non solo è prodotto dallo stesso Soderbergh, ma del suo ultimo Panama Papers si rivela il controcampo ideale, il completamento più tradizionale nel quale possiamo ritrovare lo stesso afflato liberal, la stessa rabbia e necessità di intervento che nel film di Soderbergh aveva assunto forma postmoderna e metalinguistica.
Lontano dall’ironia eversiva del suo film gemello, The Report è concentrato e monocorde come il suo protagonista, ma questa linearità classica diviene punto di forza nel momento in cui si serve il duplice compito di portare alla luce una storia importante e di dare forma a un’ossessione lunga anni, un vero percorso cristologico di espiazione con tanto di tentazioni, momenti di defaillance e solitudine sotto il peso della croce. Certo, a volte quest’estrema focalizzazione non rende giustizia ai (pochi) personaggi coinvolti, ma Burns riesce comunque a raccontare le difficoltà di Daniel Jones, il suo isolamento e la sua determinazione, pur mantenendo ai minimi l’esplorazione psicologica (merito anche di un Adam Driver al solito bravissimo e in parte). Non a caso la parte migliore dell’opera è la seconda, quella in cui a venire chiamata in causa è la fedeltà di Jones alle sue stesse idee e valori, in cui il dilemma morale si complica e il racconto assume i ritmi più serrati del thriller politico, mentre la battaglia per la libera informazione e la giustizia si infiamma, tocca corde personali e pagine di giornali, fino ad approdare, finalmente, pubblicamente, tra i banchi del Senato, davanti alle telecamere nazionali e al paese intero.