Decalogo - Quattro

di Krzysztof Kieślowski

Onora il padre e la madre.

Decalogo 4 di Krzysztof Kieślowski

Nell’interrogarsi sul delicato equilibrio tra morale ed etica i molteplici riflettori dello sguardo di Kieślowski illuminano il dramma umano. Schermi, specchi, rifrazioni di luce sull’acqua (elemento cardine nel Decalogo) che rimandano agli sguardi dei personaggi, per i quali si narra della loro più esclusiva e intima drammaturgia. Senz’altro dubbi non risposte, nel sacrilegio della carne, più terrena forma di sacralità non trova spazio la definizione, la risposta, la scelta confermatrice, ma solo un interrogativo che sfoga nel dolore e nella consapevolezza dell’imperfezione umana (e divina).

Nel condominio di Varsavia, nella fluviale tessitura drammaturgica orizzontale, si muovono personaggi drammatici, caratteri che tramite il dialogo e (mantenendo la terminologia szondiana)  l'accadimento interpersonale, soffrono per un dilemma che ha perduto le coordinate solide del dogma ieratico, scaturendo in un dolore prettamente fisico e autoimmune. Punto di vista su questo grande acquario umano denso quanto la pietra della trascrizione biblica, Kieślowski, nella materia solida della luce solleva interrogativi, alza sguardi, illumina zone d’ombra tramite una cinematografia tesa verso l’ignoto innato dell’umanità.

Se interrogassimo la sentenza, il comandamento di onorare il padre e la madre (?), asciugato dall’assertività del motto, diventerebbe una domanda. E sono quesiti universali quelli che aprono al dialogo con la coscienza umana. Disarcionandosi dal velo dell’assolutezza le dieci domande di Kieślowski interessano dapprima l’uomo, essere fallibile e flessibile, a confronto con il divino, entità silenziosa, osservatrice, inflessibile e ingiusta anch’essa. Esistente più nelle sottigliezze che determinano una scelta, e una ricompensa, piuttosto che nell’azione diretta sui destini dei suoi nati. Personaggi incapaci di dare una risposta se non attraverso il dolore derivante dal loro libero arbitrio.

Per il regista polacco sono i desideri più reconditi dell’animo umano a far dubitare, a togliere il peso schiacciante della risposta definitiva, Michel è o non è il padre consanguineo di Anka? Non è importante rispondere anche se questo va a discapito della verità come l'azione del bruciare una lettera chiarificatrice, ma è importante mostrare lo stato d’animo di chi è obbligato a vivere nell’incertezza. È importante ridistribuire i desideri che si celano nel poter non essere il padre naturale. È importante il dubbio, motore universale di ragionamento e scelta. Parentesi di apertura e chiusura dell’esistenza drammatica. Come l’ottico deandreiano, il regista polacco posiziona lenti nuove affinché lo spettatore possa guardare il suo mondo tramite il dolore che la luce dell’esistenza pulsante emette. Radiazioni di vita e morte, radiazioni di dolore e di colore, che aprono alla prospettiva nuova di una riflessione su se stessi.

Kieślowski ci presenta la sostanza e la ridondanza del dubbio in chi è costretto a testimoniare: Artur Barciś. Angelo epico, coscienza spettatoriale oggettiva, punto di ascolto dei drammi umani (dramatis personae uditiva). Entità spettatoriale e distaccata. Come il raisonneur ma senza verbo del teatro realista, puro sguardo, perfetto io epico, spettatore non giudicante e sospeso tra la correttezza dell’ascolto e la sua ingiustificata inazione. Declinazione di personaggio funzione, riconoscente tanto dallo Stationendrama strindeberghiano quanto, l’intera struttura drammaturgica del Decalogo, discenda dal realismo ibseniano, interpretabile nella coincidenza degli sguardi nei salotti dell’animo umano, nell’intimità interpersonale, nella quale ci ritroviamo testimoni di azioni in situazioni sceniche dove i personaggi rivivono silenzi e dubbi, resuscitando il dolore derivante dall’azione eseguita. È forse Dio in terra, è lo stesso sguardo del regista o è lo sguardo dello spettatore, Kieślowski non vuole rispondere in quanto non è importante la sua identità ma la sostanza del suo sguardo. È il valore della testimonianza a sorreggere il dubbio lasciando aperte le ferite tra etica e morale. Siamo noi, spettatori di decadi successive, ad essere ancora investiti dalla profondità della sua indagine.

La possibilità di poter recuperare, on demand, il Decalogo ci da la possibilità di riconoscere, a trent’anni dalla sua creazione, l’attualissima universalità delle tesi esposte. Domande che continuano, e continueranno, a portare in grembo il quesito della loro formulazione. Uno specchio per l'identità del genere umano a portata di click in grado di dialogare con l’anima dello spettatore che nella sua recuperata visione torna a riflettere sul dolore emotivo delle nostre ataviche colpe e sull’irresolutezza dei nostri ancestrali dubbi. Un testo filmico che nella sua completezza si ripresenta a (ri)chiedere un ragionamento integrativo, ed emotivo, a uno spettatore nuovo ma predisposto agli stessi umani quesiti. Un recupero importante in questa nostra rizomatica coscienza visiva digitalizzata.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 21/02/2021
Polonia, 1988
Durata: 56 minuti

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