Ultimo giorno del festival, la mattina è quella degli Stati generali della commedia italiana. A condurre l’incontro, in una gremita Sala Maria D’Enghien del Castello Carlo V, è Marco Giusti. Con lui ci sono Carlo Verdone, Fulvio Lucisano, Enrico Vanzina, Neri Parenti, Massimo Gaudioso, Francesco Bruni, Edoardo Leo, Paolo Genovese, Sidney Sibilia, Pio e Amedeo. E, alla fine, chiedersi in che condizioni versi il genere, equivale, ancora, e necessariamente, a domandarsi quale sia lo stato di salute del cinema italiano nel suo complesso. Perché, come ricorda Giusti, la produzione italiana è soprattutto commedia, ma se ne fa troppa, aggiunge, “troppi sequel, troppi remake, mentre manca quasi del tutto un cinema strettamente comico”. “Pio e Amedeo”, continua, “con Amici come noi hanno fatto un comico puro”. Secondo Vanzina la commedia resta “il vero DNA del cinema italiano, che ha raccontato il paese meglio della letteratura”. “Un film come Un sacco bello”, aggiunge, “resta un capolavoro assoluto, perché con i suoi personaggi è riuscito a raccontare aspetti diversi della gioventù di allora”. Oggi, però, spiega Verdone, “è diventato più difficile osservare la realtà e, quindi, raccontarla”. Nel frattempo, secondo Sibilia, autore di Smetto quando voglio, “sono cambiate molte cose, anni fa Carlo faceva Un sacco bello, i giovani di oggi hanno il web, si esprimono attraverso YouTube”. “C’è poca sperimentazione, si tende a standardizzare tutto”, sostiene Bruni, mentre Gaudioso continua a pensare a Reality, da lui co-sceneggiato, come a una commedia. Ma la fatica è del cinema tutto: Lucisano se la prende con la TV, Parenti ricorda che il sistema di lancio dei film non è cambiato rispetto a trent’anni fa, Edoardo Leo racconta, da regista, le difficoltà e i compromessi con i produttori, i diktat che si è costretti ad accettare.
Altro tema è quello del rapporto che intercorre tra la critica e la commedia. Per Genovese i critici continuano a ignorarla, a guardarla con diffidenza, per Pio e Amedeo “I critici hanno paura di ridere”. Fra il pubblico c’è Piera Detassis che non la prende benissimo e rilancia: “Il critico ride quando la commedia fa ridere. Il problema è l’indistinzione del prodotto nel mercato”. Valerio Caprara esorta i registi a fare di più: “Invece di fare film che si assomigliano, con gli stessi attori, dovete contaminare la commedia con i generi, con il dramma, con il giallo, con l’horror”. Nel mezzo dell’incontro ancora tanto altro: i riferimenti, ritornanti, a Monicelli e Scola, Germi, Risi e Steno, i nomi di Gassman, Manfredi, Tognazzi, Benigni. E Sorrentino, La grande bellezza e l’Oscar. E quella linea “dell’Italia ignorante che si dimostra più intelligente della cultura”, secondo Vanzina, che parte da Totò, passando per Celentano, arrivando a Checco Zalone.