“L’uomo è un animale che può provare ad abituarsi.
Qua viene messo a dura prova”
Un internato
Di frequente ci si è domandati se un film, una canzone o più in generale l’arte possa cambiare il mondo. Gli autori, ossia gli addetti ai lavori, hanno sovente risposto di no. Se così fosse, allora Lo stato della follia costituirebbe l’eccezione per confermare la regola. Il documentario, difatti, nasce già nel 2010 per volere della Commissione d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale. Al regista Francesco Cordio e al suo operatore viene richiesto di effettuare delle riprese all’interno degli OPG ed è anche grazie al loro lavoro se il 14 febbraio 2012 il Senato ne impone la chiusura.
Probabilmente ora il lettore si starà interrogando su cosa siano gli OPG e non ci sarebbe da meravigliarsi dal momento che l’acronimo resta sconosciuto ai più. Mal comune mezzo gaudio, potremmo sostenere. E invece la situazione è grave, perché gli OPG altro non sono che gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, ovvero i manicomi criminali. Manicomi? Sì, quelli che nell’opinione comune sono stati chiusi nel 1978 e di cui oggi, che di tempo ne è passato, possiamo facilmente indignarci attraverso canzoni, libri, film, spettacoli teatrali. Tutti d’accordo nel rinnegare le strutture che privarono di umanità fiumane di gente. Un percorso simile, seppure ridotto, a quello dei lager. A quasi settant’anni di distanza siamo sommersi più di prima di prodotti commerciali sui campi di concentramento tedeschi. L’orrore degli ipocriti. Perché qualcuno ha mai visto un film su altri campi di sterminio? Eppure esistono e, essendo più attuali, sono ancora più tragici. Ma per noi è facile giudicare là dove non eravamo e nel remoto caso ci obiettassero «Sì, ma tu c’eri» allora sarà semplice rispondere «Ma non sapevo». E quindi ben venga per il nostro sonno tranquillo non conoscere gli OPG e maledire i vecchi manicomi. Per coloro che invece non volessero lavarsi facilmente la coscienza, vedere Lo stato della follia è un dovere prima ancora che un piacere perché, sia detto per inciso, il film di Cordio è bello. Ma fa male. Ogni parola pronunciata da un internato ha la forza di una coltellata al cuore. È la testimonianza di un’ingiustizia perpetrata al di là di ogni ragione umana, la materializzazione di un sistema folle e violento. Loro, gli internati, sono circa 1500, distribuiti nei 6 OPG situati sul territorio italiano. Le condanne sono a tempo indeterminato, si parte dai due, cinque, dieci anni per poi essere prorogate all’infinito, il cosiddetto “ergastolo bianco”. È dunque banale sottolineare come i suicidi siano all’ordine del giorno. Si può finire in un manicomio criminale per avere effettuato una rapina di poche lire, magari sotto effetto di stupefacenti, e rimanerci rinchiusi per oltre vent’anni tra cartelle cliniche e atti giudiziari che nel frattempo vanno smarriti.
L’assurdità del sistema che ci viene sbattuto in faccia non è, purtroppo, un romanzo di Kafka; ma è una realtà sociale su cui gli occhi sono rimasti chiusi troppo a lungo. Ora che la sostituzione degli OPG con strutture sanitarie è legge, le riprese effettuate da Cordio trovano nuova forma in un documentario che alterna al materiale d’inchiesta il racconto in prima persona di Luigi Rigoni, attore ed ex-internato. In apertura del film lo osserviamo salire su un palco ed esibirsi in un monologo davanti a una platea vuota. La domanda che ci si pone in automatico è se il racconto che stiamo ascoltando sia finzione o testimonianza. Saranno le successive immagini a togliere ogni dubbio. La storia di Luigi, urlata in un teatro privato di un pubblico, si fa portavoce delle tante altre che ha avuto modo di incrociare, di tutti coloro che ancora sopravvivono nel degrado e di chi invece non è riuscito ad adattarsi. Perché, sebbene il decreto risalga al 2012, il termine ultimo della chiusura degli OPG continua a essere prorogato.
Il film è stato e continua a essere presentato in diverse città. A Roma ha avuto la sua visibilità grazie al contest di documentari indetto dal Nuovo Cinema Aquila. Per chi volesse essere aggiornato sulle programmazioni può consultare il sito ufficiale o la pagina Facebook.